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Il 76% della foresta pluviale amazzonica ha perso resilienza

Foresta pluviale amazzonica: più vicino il punto di non ritorno
Foto di stokpic da Pixabay

Climate change e deforestazione i driver principali del degrado della foresta pluviale amazzonica

(Rinnovabili.it) – L’Amazzonia è sempre più instabile: ¾ della foresta tropicale ha perso resilienza dal 2003. Ed è sempre più vicina al suo “punto di non ritorno”, cioè la trasformazione in prateria secca. Nuovi dati raccolti negli ultimi 20 anni dimostrano che la foresta pluviale amazzonica ci mette sempre più tempo a riprendersi dopo ondate di calore o altri eventi climatici estremi.

Il futuro della foresta pluviale amazzonica

Lo afferma uno studio apparso su Nature Climate Change che dà un contributo importante su un tema molto divisivo per la scienza del clima. Finora la questione del tipping point della foresta pluviale amazzonica non ha trovato una risposta definitiva. Il motivo? È difficile misurare la resilienza dell’Amazzonia. La maggior parte dei tentativi ha usato i modelli climatici. Questo studio, invece, si basa misurazioni satellitari – dati reali, non proiezioni e interpolazioni di dati. In particolare, i ricercatori hanno misurato la profondità ottica della vegetazione, un indice della quantità di biomassa presente, in correlazione diretta con la quantità di acqua stoccata.

In questo modo, gli autori dello studio hanno ricavato un’immagine puntuale dell’evoluzione della foresta amazzonica pluviale negli ultimi due decenni. Risultato? Il 76% delle celle in cui hanno suddiviso l’Amazzonia registra un peggioramento della situazione. E la gran parte di queste celle si trova in prossimità di aree toccate dalla deforestazione o di strade e altre infrastrutture antropiche.

“La resilienza si sta perdendo più velocemente nelle regioni con meno precipitazioni e nelle parti della foresta pluviale che sono più vicine all’attività umana”, scrivono gli autori. “Forniamo prove empiriche dirette che la foresta amazzonica pluviale sta perdendo resilienza, rischiando di degradarsi con profonde implicazioni per la biodiversità, lo stoccaggio del carbonio e il cambiamento climatico su scala globale”.

Quando si arriverà al punto di non ritorno? Lo studio non fa alcuna previsione in merito. Ma avverte: nel momento in cui sarà possibile prevedere con buona approssimazione, da misurazioni empiriche, la data del tipping point, sarà probabilmente già troppo tardi per invertire la rotta.

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