Arriva la conferma: la foresta amazzonica ormai è un contributore netto di CO2
(Rinnovabili.it) – Lo stato di salute della foresta amazzonica è pessimo. Lo si potrebbe definire quasi comatoso, in alcune regioni. Eppure il presidente brasiliano Bolsonaro sta per lanciare l’ultimo assalto al polmone verde del pianeta: questa settimana ha scardinato gli ultimi baluardi in grado di garantire un minimo di protezione ambientale all’Amazzonia. E vigilare sulla deforestazione in modo indipendente e affidabile.
Lo stato di salute della foresta amazzonica
Partiamo dalla ‘cartella clinica’ della foresta amazzonica. Ieri è uscito l’ultimo rapporto del Science Panel for the Amazon, un ente creato sotto l’ombrello dell’Onu che riunisce una quarantina dei migliori scienziati che si occupano di Amazzonia. Il documento spiega con dovizia di dettagli che le specie a rischio estinzione, tra animali e piante, sono 10.000 e che più di un terzo della foresta pluviale (il 35%) è disboscato o degradato. Secondo gli autori del rapporto, la strada per salvare questo ecosistema così prezioso per gli equilibri climatici globali è una sola: azzerare la deforestazione entro il 2030.
A dipingere a tinte ancor più fosche il quadro della situazione ci pensa un articolo pubblicato sempre nella giornata di ieri sulla rivista Nature. Conferma uno scenario da brividi, che era stato ventilato già a maggio da una ricerca analoga: l’Amazzonia, in alcuni settori, emette più CO2 di quanta ne assorba. In parole povere non è più il polmone verde del pianeta, ma una fonte di anidride carbonica. E non poca: lo studio stima che ogni anno la foresta amazzonica produca 1 miliardo di tonnellate di CO2. Valore da intendere netto.
Questa ricerca è la più affidabile e completa mai condotta finora. L’Inpe, l’agenzia brasiliana per la ricerca spaziale che ci ha lavorato, ha monitorato per 10 anni i valori di CO2 in atmosfera sopra diversi settori della foresta amazzonica sorvolandola con piccoli aeroplani. Un modo per ottenere valori più precisi rispetto a quelli che derivano dalle osservazioni satellitari, che hanno più elementi di disturbo.
Bolsonaro smantella i controllori della deforestazione
Sarà probabilmente l’ultimo studio scientifico dell’Inpe sull’Amazzonia. L’agenzia era l’ultima, tra quelle che condividono i compiti di protezione ambientale, ad aver schivato i fendenti di Bolsonaro. Si era salvata dal commissariamento a tappeto che aveva portato ai vertici delle principali agenzie brasiliane uomini in divisa molto vicini al presidente. Fino al 13 luglio.
Martedì scorso Bolsonaro ha tolto all’Inpe il suo compito principale, cioè quello di monitorare via satellite l’Amazzonia e il tasso di deforestazione. Le statistiche ufficiali del Brasile derivavano proprio dai dati forniti dall’Inpe e per questo motivo erano ritenute affidabili. La prerogativa adesso è passata all’Istituto nazionale di meteorologia, che si piega volentieri agli interessi del ministero dell’Agricoltura e dell’agribusiness brasiliano.
E non è finita qui. Bolsonaro sta provando a far approvare una legge che rende legali a posteriori le occupazioni illegali di terre strappate alla foresta amazzonica con la deforestazione. Un condono su larghissima scala che riguarderebbe tutti i casi precedenti al 2014, e a ben vedere anche una promessa di impunità ad allevatori e compagnie agricole.