I dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente per il 1° rapporto che monitora lo stato di salute delle coste italiane e l’uso che ne facciamo. Tra le priorità indicate dall’associazione, approvare il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici
È in queste zone, già fragili e vulnerabili, che si concentrano oltre 700 eventi estremi su 1700 totali e metà dei decessi
(Rinnovabili.it) – In oltre 4 casi su 10, gli eventi estremi che colpiscono l’Italia si abbattono sulle nostre spiagge e aree costiere. Sono i comuni affacciati sul mare quelli tra le zone più fragili e vulnerabili della Penisola. Dal 2010 al giugno 2023, queste aree sono state interessate da 712 eventi meteo estremi su 1.732 eventi totali, che hanno colpito circa 1 comune costiero su 3 (240 su 643). Ed è qui che si registra più della metà dei decessi causati dal clima: 186 su 331.
Lo sostengono i dati raccolti dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, che sottolineano come la parte di stivale più colpita sia il Sud. Dal 2010 il record di eventi estremi in zone costiere va alla Sicilia con ben 154 casi, poi la Puglia con 96 e quindi la Calabria e la Campania con 77 e 73. Tra i comuni più colpiti: Bari, con 43 casi, Agrigento con 32, Genova con 27, Palermo e Napoli entrambe con 23 casi e Ancona con 22.
Le spiagge come cartina tornasole del climate change: sono aree “al centro dell’hot spot climatico del Mediterraneo e quindi particolarmente vulnerabili e che, in futuro, lo saranno ancor di più a causa dell’innalzamento del livello dei mari”, spiega l’associazione. Che nel 1° rapporto dedicato al monitoraggio dello stato di salute delle nostre coste e dell’uso che ne facciamo (incluse le concessioni balneari) dedica un approfondimento all’erosione costiera.
L’erosione costiera
Erosione che continuiamo a favorire spostando il problema un po’ più in là invece di contrastarlo in modo organico. Tra il 2006 e il 2019 sono stati modificati 1.771 km di costa naturale bassa su 4.706 km in totale, il 37,6%. Uno dei problemi è il ricorso a “opere come pennelli e barriere frangiflutti” – abbiamo ben 10.500 opere rigide lungo le coste italiane, quasi 3 ogni 2 chilometri di costa – che “artificializzano ulteriormente la linea di costa e che, come provato su molti litorali, modificano inevitabilmente le correnti marine e spostano semplicemente il problema su altri tratti coste”, spiega Legambiente. Non solo. Il consumo di suolo nei comuni costieri italiani è pari ad oltre 420mila ettari al 2021 che corrisponde al 27% del totale di suolo consumato in Italia, con un incremento vicino al 6% rispetto al dato 2006.
Come affrontare gli eventi estremi in aree costiere?
Di fronte a questi numeri ci sono alcune azioni prioritarie. Secondo l’associazione ambientalista la preoccupazione numero 1 dovrebbe essere dare il via libera definitivo al PNACC, il Piano nazionale di adattamento al cambiamento climatico oggi in fase di consultazione. Grazie al quale superare la logica dell’emergenza e le risposte temporanee che fanno più danno che altro. Dal Piano peraltro dovrebbe arrivare anche uno stimolo per pianificare con serietà la “delocalizzazione di abitazioni e sistemi produttivi dalle aree più ad alto rischio”. E serve, poi, una legge sul consumo di suolo.