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Eventi climatici estremi: l’Artico bollente ci regala inverni glaciali

Eventi climatici estremi: l’Artico bollente ci regala inverni glaciali
Foto di Pezibear da Pixabay

Stabilito il rapporto tra eventi climatici estremi di gelo e le temperature elevate del Polo Nord

(Rinnovabili.it) – Ad agosto Siracusa ha registrato il nuovo record di caldo europeo (49,8°C), le ondate di calore hanno moltiplicato gli incendi nei paesi mediterranei e in Russia, mentre una bolla di caldo ha stazionato sulla costa del Pacifico del Nord America per giorni sconvolgendo il clima di Canada e Stati Uniti. Tutti eventi climatici estremi che hanno origine dalla crisi climatica che stiamo vivendo. Ma il cambiamento climatico è anche di segno opposto: ci dobbiamo preparare anche a temperature glaciali.

L’avviso arriva dagli scienziati che hanno studiato l’ondata di gelo eccezionale che a febbraio è arrivata fino al Texas e al confine tra Stati Uniti e Messico, mettendo in ginocchio lo Stato e facendo risaltare tutte le vulnerabilità della sua rete elettrica. Evento “eccezionale”, ma solo se si guarda al passato. Se spostiamo lo sguardo ai prossimi anni si tratterà di eventi climatici estremi “normali”.

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Lo scrivono gli autori di uno studio pubblicato su Science, dove si mette in relazione il freddo polare a latitudini inedite e il riscaldamento accelerato dell’Artico. È proprio l’amplificazione artica, cioè il riscaldamento globale tre volte maggiore rispetto al resto del pianeta che colpisce le regioni polari, a innescare questi crolli verticali delle temperature invernali molto più a sud.

Perché succede? Questo tipo di cambiamento climatico nell’Artico aumenta le probabilità che i venti che ruotano sopra il Polo Nord, dando vita a un fenomeno noto come vortice polare stratosferico artico, aumentino la loro oscillazione verso sud. Da qui il possibile aumento di eventi climatici estremi, negli Stati Uniti e in altre parti dell’emisfero boreale.

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“Quando il vortice polare è circolare, è un segno che tutta l’aria fredda è imbottigliata sopra l’Artico”, spiegano gli autori. “Quando invece si estende in questo modo, una parte va in Asia e una parte va verso la porzione orientale del Nord America”.

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