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Rischi clima e natura, in Europa dal 1980 al 2017 stimati danni per 557 mld

Il rapporto 'Science for disaster risk management 2020: acting today, protecting tomorrow', con la collaborazione di oltre 300 esperti nella gestione del rischio di disastri climatici, e il contributo del Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc). “La frequenza e l'intensità si prevede sia destinata a aumentare. Quello che abbiamo vissuto durante il lockdown, e che stiamo ancora sperimentando è soltanto una pallida anticipazione degli shock sistemici che il clima e i cambiamenti ambientali a livello globale potrebbero causare e causeranno in futuro”

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di Tommaso Tetro

(Rinnovabili.it) – Dal 1980 al 2017 i danni economici dovuti ai soli rischi naturali in Europa “sono stati pari a 557 miliardi di euro, la maggior parte legati a eventi climatici e meteorologici estremi, la cui frequenza e intensità si prevede sia destinata ad aumentare a causa dei cambiamenti climatici indotti dall’uomo”. A metterlo per iscritto ci pensa il rapporto ‘Science for disaster risk management 2020: acting today, protecting tomorrow’ – sulla base dei dati e delle stime dell’Agenzia europea dell’ambiente – che, giunto alla seconda edizione, nasce dalla collaborazione di oltre 300 esperti nella gestione del rischio di disastri climatici, e a cui ha contribuito il Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici (Cmcc).

Secondo gli scienziati – per i quali è evidente che i pericoli naturali rappresentano una grave minaccia per lo sviluppo sostenibile, la stabilità economica e la crescita, la coesione territoriale e la resilienza delle comunità – “quello che abbiamo vissuto durante il lockdown, e che stiamo ancora sperimentando è soltanto una pallida anticipazione degli shock sistemici che il clima e i cambiamenti ambientali a livello globale potrebbero causare e causeranno in futuro”.

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Su questo punto il rapporto è chiaro: la valutazione del rischio in futuro dovrà essere incentrata “su una migliore comprensione delle perdite economiche indirette e delle ripercussioni negative generate dai cosiddetti eventi ‘a lenta insorgenza‘ (slow-onset hazards), dai rischi composti e dai rischi a cascata, oltre che sulle perdite causate dalla perturbazione e interruzione delle reti sociali, dei flussi economici e dei servizi ecosistemici”.

Lo studio ha un approccio che parte dall’identificazione dei problemi, per arrivare all‘individuazione delle soluzioni e dei migliori approcci d’intervento. Nel rapporto vengono fornite una serie di raccomandazioni rivolte a quattro gruppi in grado di lavorare attivamente per ridurre il rischio di disastri: decisori politici, professionisti, scienziati, e cittadini.

Nel corso degli ultimi decenni – osserva Jaroslav Mysiak, direttore della divisione di ricerca del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici ‘Risk assessment and adaptation strategies’, che ha contribuito alla realizzazione del rapporto come Coordinating lead author – la valutazione del rischio dei disastri è notevolmente migliorata, grazie ai progressi fatti nel calcolo ad alte prestazioni, alla disponibilità e allo sviluppo di dati topografici e di altri dati spaziali in alta risoluzione, a una nuova generazione di modelli di rischio e di perdite-impatti in caso di disastri, e di dataset su esposizione e vulnerabilità ad alta risoluzione”.

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Il Green deal europeo e il Next Generation EU – viene spiegato nel rapporto – “stimoleranno un’enorme mole d’investimenti in tecnologie verdi e innovazione, tracciando la strada per lo sviluppo sostenibile e la neutralità climatica. Soltanto avvalendoci di valutazioni multi-rischio affidabili e basate sull’esperienza potremo conciliare la ripresa a breve termine del ‘ricostruire meglio’, con uno sviluppo resiliente al clima di medio e di lungo termine”.