Se non aumentiamo gli sforzi per abbattere le emissioni globali di N2O, falliremo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Le politiche oggi si concentrano soprattutto su anidride carbonica (CO2) e metano (CH4). Il protossido di azoto è però il 3° gas serra maggiormente responsabile del riscaldamento globale. Ha un potere climalterante 273 volte più alto di quello della CO2 nell’arco di 100 anni. La sua concentrazione in atmosfera è arrivata a quasi 337 parti per miliardo nel 2023, il 125% in più rispetto ai valori del 1750. E continua a crescere a ritmo accelerato.
L’allarme arriva dalla 1° edizione del Global Nitrous Oxide Assessment, un rapporto che presenta lo stato dell’arte sulle emissioni globali di N2O, valuta i trend in atto, e li confronta con la traiettoria necessaria per non sforare 1,5°C.
Lo studio è stato preparato dalla Climate and Clean Air Coalition, insieme al Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) e l’International Nitrogen Management System, in collaborazione con il Segretariato del Protocollo di Montreal sull’ozono. Il protossido di azoto, infatti, è uno dei 6 gas serra monitorati nell’ambito dell’Unfccc, la Convenzione quadro dell’Onu sul cambiamento climatico, e tra i più impattanti sullo strato di ozono atmosferico.
La traiettoria delle emissioni globali di N2O
Le emissioni di protossido di azoto sono causate principalmente dall’uso agricolo di fertilizzanti sintetici e letame. E la loro traiettoria globale è in forte ascesa. Secondo il rapporto, le emissioni globali di N2O sono aumentate del 40% dal 1980 a oggi. In prospettiva, senza ulteriori azioni per ridurle, potrebbero crescere del 30% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2020.
Adottare misure ambiziose per ridurre le emissioni di N2O potrebbe contribuire a prevenire fino a 20 milioni di morti premature in tutto il mondo entro il 2050 dovute alla scarsa qualità dell’aria e a evitare l’equivalente di 235 miliardi di tonnellate di emissioni di anidride carbonica (GtCO2) entro il 2100. Per avere un termine di paragone, il budget di carbonio che ci resta per non superare quota 1,5°C è stimato dall’Unfccc intorno ai 500 GtCO2.