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Le emissioni di gas serra in Italia crescono ancora. Per colpa delle auto

Emissioni gas serra Italia: +0,4% nel 2022, per colpa delle auto
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Nel 2022 le emissioni di gas serra in Italia sono arrivate a 413 mln t CO2 equivalente

Se togliessimo tutto il trasporto stradale dal conteggio, il bilancio delle emissioni di gas serra in Italia avrebbe il segno meno. Tutti i settori stanno diminuendo il loro impatto sul clima, tranne auto, furgoni e camion (e in modo più marginale i rifiuti). I trasporti sono praticamente l’unico segmento che continua a inquinare di più: nel 2022 le sue emissioni sono cresciute del 5% sull’anno prima, dal 1990 a oggi la media è +7,4%. I rifiuti negli ultimi 32 anni registrano un trend del +5%. Ma mentre i trasporti rappresentano il 26% delle emissioni nazionali, i rifiuti si fermano al 5% e incidono meno sul bilancio totale.

Il risultato? I dati consolidati forniti oggi da ISPRA fissano, per il 2022, le emissioni di gas serra in Italia a 413 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2eq), in crescita per il secondo anno consecutivo con un +0,4% sul 2021. Nel complesso, comunque, il bilancio emissivo italiano è del 20,9% più basso rispetto al 1990, quando arrivava a 522 MtCO2eq.

Una riduzione evidente dal 2008 in avanti che è conseguenza “sia della riduzione dei consumi energetici e delle produzioni industriali a causa della crisi economica e della delocalizzazione di alcune produzioni industriali, ma anche della crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico) e di un incremento dell’efficienza energetica e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio”, sottolinea l’ISPRA.

Per il 2023, le stime provvisorie dell’Istituto prevedono finalmente il ritorno a un bilancio col segno meno, “principalmente a causa di una riduzione delle emissioni nel settore della produzione di energia elettrica”.

Emissioni gas serra Italia, i dettagli settore per settore

Scendendo a dettaglio di settore, quello energetico – che rappresenta oltre l’81% dei gas serra totali – mostra una flessione del 20,7% dal 1990. “In termini di CO2 equivalente totale, il settore dei trasporti (26,6% del totale delle emissioni di energia) ha registrato un aumento dell’7,4% dal 1990 al 2022; mentre tutti gli altri settori economici registrano marcate riduzioni”, specifica il rapporto.

Chimica, minerali e metalli trainano al ribasso la curva emissiva del settore industriale, in calo del 37,8% negli ultimi 32 anni. Anche se si registra un aumento consistente delle emissioni di gas fluorurati (SF6), 282mila a 390mila tCO2eq anno su anno.

Anche il settore dell’agricoltura, nel 2022, è tornato a scendere, con i gas serra a 30,7 MtCO2eq rispetto ai 32,8 del 2021 e i 33,5 del 2020. Nel 1990 erano 37,9 MtCO2eq. e. “La diminuzione delle emissioni osservata nel periodo 1990-2022 (-18,9%) è principalmente dovuta alla diminuzione delle emissioni di CH4 da fermentazione enterica (-15,2%), che rappresentano il 47,1% delle emissioni settoriali, e alla diminuzione di N2O dai suoli agricoli (-22,5%), che rappresenta il 25,9% delle emissioni settoriali”, dettaglia l’ISPRA.

Altro punto critico riguarda il rispetto degli impegni assunti con l’Effort Sharing Regulation (ESR), il meccanismo UE che fissa un tetto nazionale decrescente alle emissioni dei settori non coperti dal mercato comunitario del carbonio. “La mancata diminuzione delle emissioni di trasporti e del residenziale ha portato a un progressivo avvicinamento dei livelli emissivi italiani ai tetti massimi consentiti, fino al loro superamento registrato sia nel 2021 (4,6 MtCO2 equivalente) che nel 2022 (5,5 MtCO2 eq)”, sottolinea il rapporto.

E lo sforamento è probabilmente avvenuto nel 2023: benché si stimi un calo delle emissioni totali di circa 26 MtCO2eq, saremo circa 13 MtCO2eq in eccesso. “Tale risultato è principalmente dovuto all’assenza di riduzione delle emissioni di gas serra provenienti dai trasporti stradali che, nonostante le direttive europee, procedono costanti sui livelli emissivi elevati del 2014 portando quindi al superamento del tetto massimo”, punta il dito l’ISPRA.

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