Tra 1980 e 2010, nell’isola ghiacciata più grande del mondo la superficie coperta da vegetazione è raddoppiata mentre sono quasi quadruplicate (+380%) le zone umide, generate da incremento dell’acqua di fusione, trascinamento di limo e fango e quindi ispessimento dello strato attivo del terreno. Condizioni che facilitano l’aumento di emissioni di metano dal suolo artico
In 30 anni le zone umide in Groenlandia hanno guadagnato 30mila km2 di superficie
(Rinnovabili.it) – In 30 anni la Groenlandia ha perso quasi 29mila km2 di superficie ghiacciata. Un’area grande all’incirca come Piemonte e Valle d’Aosta insieme. I ghiacciai lasciano il posto alla nuda roccia. Ma con l’aumento costante delle temperature e l’ulteriore scioglimento delle masse glaciali, queste aree vengono colonizzate sempre più rapidamente da arbusti o si trasformano in zone umide. Che sono fonti importanti di emissioni di metano.
È proprio sull’aumento di questo gas serra dalla Groenlandia che si concentra uno studio pubblicato su Scientific Reports. Tra il 1980 e il 2010, grazie all’analisi sistematica di immagini satellitari, un gruppo di scienziati dell’università di Leeds ha calcolato che la superficie coperta da zone umide è aumentata di 4 volte (+380%), cioè di oltre 30mila km2. In parte sulle aree lasciate libere dai ghiacci negli ultimi decenni, in parte su quelle già esposte prima del 1980. Mentre la superficie coperta da vegetazione è raddoppiata in 3 decenni (+111%), l’acqua di fusione è cresciuta del 15% e il substrato roccioso nudo è diminuito – perché rimpiazzato da vegetazione o zone umide – del 16%.
Le ragioni dell’aumento di emissioni di metano dalla Groenlandia
“Abbiamo visto segnali che la perdita di ghiaccio sta innescando altre reazioni che si tradurranno in un’ulteriore perdita di ghiaccio e in un ulteriore ‘rinverdimento’ della Groenlandia, dove il ghiaccio che si restringe espone la roccia nuda che viene poi colonizzata dalla tundra e infine dagli arbusti”, spiega Jonathan Carrivick, co-autore dello studio. “Allo stesso tempo, l’acqua rilasciata dallo scioglimento del ghiaccio sta spostando sedimenti e limo, che alla fine formano zone umide e paludose”.
L’espansione della vegetazione, soprattutto nelle zone umide, è un indice e al tempo stesso un fattore che aggrava anche il disgelo del permafrost, e aumenta l’ispessimento dello strato attivo del terreno. Pertanto, concludono gli scienziati, aumentano anche “le emissioni di gas serra precedentemente immagazzinati in questi suoli artici”.
Il principale fattore dietro il rinverdimento della Groenlandia e il conseguente aumento delle emissioni di metano è la crisi climatica attraverso l’aumento delle temperature, che nella zona artica procede a ritmo doppio rispetto al resto del Pianeta. Non è però l’aumento medio della temperatura bensì i picchi di caldo a contribuire in modo più significativo al rinverdimento della Groenlandia. “Il cambiamento della copertura del suolo è fortemente associato alla differenza nel numero di giorni con temperature positive, soprattutto al di sopra dei 6 °C tra gli anni ’80 e oggi”, si legge nello studio.