L’aumento delle temperature ha innescato un meccanismo di feedback positivo che rinforza l’aumento delle emissioni. Coinvolti anche CO2 e NOx
Due studi analizzano l’impennata delle emissioni di metano dalle zone umide dal 2000
(Rinnovabili.it) – Nei primi 20 anni di questo secolo, le emissioni di metano da zone umide sono cresciute a ritmi superiori persino a quelli previsti dagli scenari climatici più pessimisti. La ragione? L’aumento della temperatura globale ha innescato un meccanismo di feedback positivo, un circolo vizioso che porta a quantità di emissioni sempre maggiori. E non soltanto di metano: anche anidride carbonica e ossidi di azoto. Lo hanno stabilito due studi pubblicati di recente su Nature Climate Change.
Come stanno cambiando le emissioni di metano dalle zone umide?
L’aumento riguarda sia le zone umide alle alte latitudini sia quelle nella fascia tropicale. Nelle prime la progressiva fusione del permafrost a causa del riscaldamento globale porta a una maggiore attività microbica nel terreno, con conseguente aumento del rilascio in atmosfera di metano. Le zone umide tropicali, invece, incrementano le loro emissioni perché si stanno espandendo, a causa della diversa distribuzione delle precipitazioni dovuta al climate change.
Sia i dati raccolti sul campo, sia le rianalisi effettuate da questi studi, danno valori emissivi più elevati rispetto a quelli medi per lo scenario climatico peggiore, l’RCP8.5, che è calibrato su un aumento globale della temperatura di oltre 4°C entro fine secolo. Se per questa proiezione le emissioni di metano dalle zone umide sarebbero dovute aumentare di 0,9 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente l’anno (Gt CO2eq), in realtà sono cresciute di 1,2-1,4 Gt CO2eq.
Dagli studi emerge poi un periodo di boom eccezionale di emissioni di metano dalle zone umide, tra 2020 e 2021. Osservando i dati a dettaglio di macro-regione, il principale hotspot di questo aumento è il Sudamerica, seguito da Asia meridionale e sud-est asiatico. Che potrebbe ripetersi, amplificato, anche con livelli di global warming contenuti. Contando sia il CH4, sia CO2 e NOx, sostiene il secondo studio, il “potenziale di riscaldamento globale su 100 anni” di questi ecosistemi potrebbe crescere anche del 57% già con un aumento delle temperature di 1,5-2°C.