Le emissioni di CFC annuali sono equivalenti ai gas serra prodotti dalla Svizzera
(Rinnovabili.it) – Anche se gran parte dei gas responsabili del buco dell’ozono sono in costante calo, alcuni tipi di clorofluorocarburi (CFC) sono su una traiettoria opposta: dal 2010 sono in forte crescita. Nonostante siano regolati dal protocollo di Montreal. E nel 2020 le emissioni di CFC hanno raggiunto valori record, almeno per 5 tipologie di questi gas (CFC-13, CFC-112a, CFC-113a, CFC-114a e CFC-115). Anche se sono tutti tipi che oggi non hanno più alcun uso industriale.
Da dove arrivano le nuove emissioni di CFC?
A rivelarlo è uno studio pubblicato ieri su Nature Geoscience che punta il dito contro alcune sostanze prodotte per rimpiazzare i CFC, tra cui il processo di produzione degli idrofluorocarburi (HFC). “Se durante la produzione di questi composti di nuova generazione si producono gas a effetto serra e sostanze che danneggiano l’ozono, allora hanno un impatto indiretto sul clima e sullo strato di ozono”, spiega il coautore dello studio, Isaac Vimont della National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa).
I CFC sono un potente gas serra con potere climalterante circa 10.000 volte più alto di quello della CO2. E, soprattutto sono tra i massimi responsabili del degrado dello strato di ozono che circonda e protegge il Pianeta. Le quantità individuate in atmosfera sono troppo piccole per invertire il ripristino del buco nell’ozono, che si dovrebbe comunque richiudere intorno al 2060. Ma non sono comunque trascurabili: queste emissioni di CFC sono equivalenti alle emissioni annuali della Svizzera, o a quelle generate da 10 milioni di auto.
Chi sta rilasciando queste emissioni di CFC? Lo studio non è riuscito a individuare la o le fonti principali. Ma spiega dove bisogna andare a cercare. Anche se la produzione di CFC è messa al bando, si possono ancora legalmente utilizzare i CFC nei processi di produzione di altre sostanze, a partire dagli HFC. I cui maggiori produttori mondiali sono Stati Uniti e Cina.