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Le radici delle piante aumentano le emissioni di carbonio dal permafrost

effetto di innesco
By Joseph from Cabin On The Road, USA – Arctic Circle, somewhere around those trees, CC BY-SA 2.0, Link

(Rinnovabili.it) – La quantità di carbonio emessa a causa dello scongelamento del permafrost – il terreno permanentemente ghiacciato dell’emisfero settentrionale – rappresenta ancora un’incognita a livello di proiezioni climatiche. Recenti studi hanno previsto che le temperature in rapido aumento determineranno l’emissione di 50-100 miliardi di tonnellate di carbonio da questo suolo entro il 2100. Ma ottenere delle cifre precise non è semplice e alcuni elementi naturali potrebbero far schizzare in avanti il conteggio finale.Uno di questi è il priming effect o effetto innesco. Si tratta di un fenomeno conosciuto da tempo in base al quale le radici delle piante stimolano la decomposizione microbica che a sua volta produce gas serra. Il meccanismo è semplice. Quando in estate la superficie del permafrost si scongela i microrganismi del suolo prolificano; questi ottengono dalle radici delle piante gli zuccheri che essi utilizzano per decomporre ulteriore materia organica. E in questo modo si accelerano le emissioni.

“Conosciamo l’effetto dagli anni ’50, ma non sapevamo se questa interazione ecologica su piccola scala avesse o meno un impatto significativo sul ciclo globale del carbonio”, afferma la scienziata Frida Keuper dell’INRAE.

Keuper con i colleghi dell’Università di Umeå e dell’Università di Stoccolma ha deciso di fare chiarezza sul ruolo del priming effect nel processo di rilascio del carbonio dal permafrost. Combinando mappe delle attività degli alberi e delle radici delle piante e dati sul contenuto di carbonio presente nel suolo nella zona circumpolare settentrionale, gli scienziati hanno stimato l’influenza dell’effetto di innesco sulle emissioni di gas serra.

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I risultati mostrano che il priming effect è in grado di determinare un aumento della respirazione microbica del 12 per cento, provocando una perdita aggiuntiva di 40 miliardi di tonnellate di carbonio entro il 2100 rispetto alle previsioni attuali per il permafrost. Ciò equivale a quasi un quarto del restante “budget di carbonio” rimasto all’uomo per limitare il riscaldamento globale a un massimo di 1,5°C. “Questi nuovi risultati – conclude Birgit Wild dell’Università di Stoccolma – dimostrano quanto sia importante considerare le interazioni ecologiche su piccola scala, come l’effetto di innesco, nella modellizzazione globale delle emissioni di gas a effetto serra”. Lo studio è stato pubblicato su Nature Geoscience,

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