Lo denunciano i due autori di uno studio alla base del rapporto dell’agenzia ONU rilasciato lo scorso dicembre. La FAO ha compiuto “numerosi errori di inquadramento, metodologici e di dati” per sostenere che consumare meno carne potrebbe ridurre le emissioni globali solo del 2-5%. In realtà, il potenziale delle diete più sostenibili è molto più alto
Le emissioni dell’allevamento sono cresciute del 14% negli ultimi 20 anni
La FAO ha usato in modo inappropriato uno studio del 2017 – ormai datato – per manipolare le stime sull’impatto delle emissioni dell’allevamento sul clima e l’efficacia delle soluzioni disponibili. L’accusa arriva dagli autori stessi dello studio, Paul Behrens della Leiden University e Matthew Hayek della New York University.
Gli errori sulle emissioni dell’allevamento
L’articolo in questione risale a 7 anni fa e dà una stima di quante emissioni dell’allevamento si potrebbero evitare se si seguissero le raccomandazioni ufficiali sulle diete da una serie di governi e di organismi internazionali. La FAO lo ha usato, distorcendone l’impianto e i dati, e soprattutto ignorando ricerche ben più aggiornate, per sostenere che ridurre o togliere la carne dalle nostre diete riuscirebbe soltanto a tagliare il 2-5% delle emissioni globali dell’agribusiness.
Uno dei problemi di metodo più gravi sta proprio qui: la FAO usa dati sui tagli possibili alle emissioni degli allevamenti come se riguardassero tutte le emissioni dell’agricoltura, riducendone così la portata. L’agribusiness pesa per il 20-25% dei gas serra globali, la maggior parte dei quali consistono in metano dovuto all’allevamento industriale. Negli ultimi 20 anni, a livello globale, il consumo di carne è cresciuto del 39% e le sue emissioni del 14%. In Italia, in 60 anni, i kg di carne pro capite sono triplicati.
“Ritirate il rapporto FAO”
Gli autori chiedono alla FAO “una ritrattazione urgente” perché il rapporto pubblicato dall’agenzia ONU a dicembre 2023 lo usa con “numerosi errori di inquadramento, metodologici e di dati”, si legge in una nota dell’università di Leiden. Gli errori derivano “in parte da un uso improprio delle precedenti analisi di Behrens e Hayek” e hanno permesso alla FAO di stimare una riduzione delle emissioni dell’allevamento “da 6 a 40 volte inferiore rispetto al consenso scientifico”, accusano gli autori.
“Numerosi studi di modellizzazione che utilizzano approcci diversi rilevano che il cambiamento della dieta rappresenta la più grande opportunità per ridurre molte pressioni ambientali derivanti dal sistema alimentare”, concludono.
Ritrattazione ancora più clamorosa purché quel rapporto è servito come riferimento durante i negoziati sul clima alla Cop28 di Dubai. La FAO lo ha scelto come base principale per le sue stime nonostante le raccomandazioni nazionali e internazionali sulle diete fossero state in moltissimi casi aggiornate, rendendo datato lo studio. Una scelta che ha permesso all’agenzia ONU di evitare di citare fonti più aggiornate e molto autorevoli, su tutte uno studio della EAT-Lancet Commission del 2019.