Saranno 230 miliardi di tonnellate di CO2 le emissioni dal terreno se sforeremo il limite più alto stabilito con l’accordo di Parigi sul clima
Un nuovo studio migliora le stime sulle emissioni dal suolo
(Rinnovabili.it) – 230 miliardi di tonnellate di carbonio. E’ la quantità di CO2 che verrà rilasciata dal terreno quando il riscaldamento globale avrà toccato i 2°C sopra i livelli pre-industriali. Per avere un termine di paragone, è il doppio dell’anidride carbonica che gli Stati Uniti hanno emesso negli ultimi 100 anni. O 4 volte quella prodotta dalla Cina, sempre nello stesso lasso di tempo. Lo ha stabilito uno studio dell’università di Exeter, che è riuscito a calcolare in modo molto preciso il peso delle emissioni dal suolo.
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Un passo avanti importante, visto che le emissioni dal suolo sono fondamentali per qualsiasi modello climatico realmente affidabile per la formulazione di scenari futuri. La risposta del carbonio del suolo ai cambiamenti climatici è l’area di maggiore incertezza nella comprensione del ciclo del carbonio nelle proiezioni del cambiamento climatico. I modelli più all’avanguardia che erano finora disponibili, avevano un’incertezza di circa 120 mld di t di carbonio a 2°C di riscaldamento medio globale. Lo studio dell’università inglese riduce questa incertezza a circa 50 mld di t di carbonio.
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I suoli globali contengono da due a tre volte più carbonio dell’atmosfera. Temperature più alte accelerano la decomposizione. E questo riduce la quantità di tempo che il carbonio trascorre nel suolo, un processo noto come turnover del carbonio nel suolo.
“Il nostro studio esclude le proiezioni più estreme, ma nondimeno suggerisce sostanziali perdite di carbonio nel suolo dovute al cambiamento climatico a soli 2°C di riscaldamento, e questo non include nemmeno le perdite di carbonio dal permafrost più profondo”, commenta la co-autrice dello studio Sarah Chadburn.
C’è poi una seconda ragione che rende così importante quantificare e prevedere il rilascio di carbonio dal suolo. Questo, infatti, è un fenomeno particolarmente soggetto a feedback positivi. Una volta innescato, il processo accelera e si autoalimenta, crescendo rapidamente di dimensioni e con poche possibilità di rallentarlo o bloccarlo con interventi esterni.
“Abbiamo ridotto l’incertezza in questa risposta ai cambiamenti climatici – sottolinea Peter Cox del Global Systems Institute di Exeter e co-autore dello studio – E’ vitale per calcolare un bilancio globale accurato del carbonio e raggiungere con successo gli obiettivi dell’accordo di Parigi”.