Le emissioni di CO2 non dipendono dalle “impronte individuali”, ma da profonde cause strutturali
(Rinnovabili.it) – Grazie al blocco dovuto alla pandemia di coronavirus, per la prima volta da decenni le emissioni di CO2 potrebbero scendere di circa il 5,5%. Si tratterebbe del più grande calo mai registrato, battendo la crisi finanziaria del 2008 e la II Guerra Mondiale. Se, da un lato, sappiamo che non si tratta necessariamente di una buona notizia, dall’altro potrebbe destare stupore considerare che, con l’economia mondiale ad un punto morto e i nostri spostamenti ridotti al minimo, le emissioni si riducano solo di una percentuale così piccola. Da dove viene il restante 95%?
Uno dei meriti che potrebbe avere la pandemia è quello di dimostrare chiaramente che i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale non sono fenomeni legati esclusivamente alle “impronte individuali”, ma hanno profonde cause strutturali. Ad esempio, secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), i trasporti rappresentano poco più del 20% delle emissioni di anidride carbonica. È un numero significativo ma ciò indica che, se anche la mobilità fosse completamente “pulita”, ci sarebbe ancora l’80% di emissioni di CO2 da eliminare.
Per quanto riguarda le emissioni di CO2 attuali, bisogna considerare che i servizi di pubblica utilità hanno continuato a generare all’incirca la stessa quantità di elettricità, anche se una parte maggiore è stata destinata alle abitazioni anziché ai luoghi di lavoro. L’elettricità e il riscaldamento rappresentano oltre il 40% delle emissioni globali. Molte persone in tutto il mondo, infatti, fanno affidamento su legno, carbone e gas naturale per mantenere le loro case calde e cucinare, e nella maggior parte dei luoghi l’elettricità dipende da carbone, petrolio e gas.
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L’edilizia e altri tipi di industria, come quella pesante, rappresentano circa il 20% delle emissioni di CO2. Alcuni processi industriali come la produzione di acciaio e la fusione dell’alluminio utilizzano enormi quantità di combustibili fossili, e finora questo tipo di produzione è proseguito nonostante la pandemia. Inoltre, le società di gas naturale e l’allevamento di bestiame continuano a rilasciare metano.
“Nel mezzo della pandemia, è diventato comune indicare il cielo sereno di Los Angeles e le acque più pulite di Venezia come prova che le persone possono fare la differenza sui cambiamenti climatici. Ma questi argomenti confondono l’inquinamento dell’aria e dell’acqua con le emissioni di CO2”, ha dichiarato a Grist Gavin Schmidt, climatologo e direttore del NASA Goddard Institute for Space Studies di New York City. “Penso che le persone dovrebbero andare in bici invece di guidare, e dovrebbero prendere il treno invece di volare”, ha continuato Schmidt, “ma quelli sono piccoli gesti rispetto alle questioni strutturali che non sono cambiate”.
In più, un calo delle emissioni di CO2 non porterà ad un sostanziale cambiamento nella tendenza al riscaldamento della Terra. Fino a quando non ridurremo le emissioni a zero, in modo che le emissioni che fluiscono nell’atmosfera siano equivalenti a quelle che fuoriescono, la Terra continuerà a riscaldarsi. Ciò aiuta a spiegare perché il 2020 è già sulla buona strada per essere l’anno più caldo mai registrato, battendo il 2016.
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E, paradossalmente, la riduzione dell’inquinamento atmosferico potrebbe renderlo ancora più caldo. Veerabhadran Ramanathan, professore alla Scripps Institution of Oceanography dell’Università della California, ha spiegato che molte particelle inquinanti hanno un effetto “mascherante” sul riscaldamento globale, riflettendo i raggi del sole e annullando parte del riscaldamento delle emissioni di gas serra.