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Anche le foreste patrimonio dell’umanità diventano emettitori netti

Emettono più CO2 di quanta ne riescono ad assorbire e stoccare. Sono 10 siti ad altissima tutela, foreste sparse in tutto il globo e minacciate da climate change e altri fattori antropici. E altri 81 siti Unesco hanno già oggi un bilancio in pareggio

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Foto di StockSnap da Pixabay

Il rapporto dell’Unesco svela che 10 siti su 247 sono emettitori netti

(Rinnovabili.it) – L’attività umana e il cambiamento climatico (in gran parte di origine antropica) hanno trasformato 10 delle foreste più protette al mondo in emettitori netti: producono più anidride carbonica di quanta ne riescono ad assorbire. A lanciare l’allarme è l’Unesco: si tratta di foreste che sono inserite nella lista dei siti patrimonio dell’umanità.

Sulle 247 foreste in tutto il mondo che sono tutelate dall’Unesco, le 10 che sono diventati emettitori netti negli ultimi 20 anni posso sembrare una percentuale molto bassa. Andrebbero invece considerati come un avviso di ciò che può accadere anche in tanti altri casi, spiega l’agenzia Onu, visto che i fattori di stress sono comuni a tutti i siti e incidono già in gran parte del globo, anche se con intensità diverse. Infatti, solo 166 siti sono dei veri carbon sink: gli altri 81 sono sostanzialmente neutrali, con un bilancio che è già oggi in pareggio.

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Parliamo soprattutto di incendi, resi più frequenti e devastanti da siccità e altri impatti del cambiamento climatico. Ma anche altri eventi estremi come tempeste, alluvioni, ondate di calore e modificazioni repentine dell’habitat. A cui si aggiungono fattori più direttamente legati all’attività dell’uomo come il cambio d’uso dei suoli.

Così, nella lista di emettitori netti finiscono siti come la foresta pluviale di Sumatra (emette ogni anno 3 Mt CO2e più di quante ne assorbe e stocca), la riserva della biosfera di Rio Platano in Honduras (1,2 Mt) e il parco nazionale di Yosemite negli Stati Uniti (0,7 Mt). Il parco nazionale del Gran Canyon, sempre in USA, è minacciato soprattutto dalla siccità che porta le sue emissioni nette a 36.000 t l’anno, il bacino di Uvs Nuur tra Russia e Mongolia patisce gli incendi siberiani mentre la Greater Blue Mountains Area, in Australia, se la deve vedere con un mix di fattori: alterazione dell’habitat, siccità, ondate di calore, tempeste e roghi.

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Secondo Tales Carvalho Resende, co-autore del rapporto, “Quello che sta accadendo a livello di siti patrimonio mondiale è solo la punta dell’iceberg. Anche quelle che dovrebbero essere le aree migliori e più protette, sono attualmente sotto pressione a causa del cambiamento climatico”.

(lm)