Svolgono servizi ecosistemici preziosi per la biodiversità, la sicurezza idrica e la prevenzione dalle inondazioni. Ma le schiacciamo sempre di più con case e strade. Impedendo loro di sfuggire all’aumento del livello del mare. L’Italia ha i dati peggiori al mondo per compressione di dune e spiagge di sabbia
Il Belpaese ultimo in classifica insieme a Giappone, Bulgaria e Filippine
(Rinnovabili.it) – Immaginate di camminare su una spiaggia in una parte qualsiasi del mondo. In media, vi basterà percorrere appena 392 metri per arrivare dal mare al primo edificio. Una distanza che può sembrare ottimale per chi cerca un momento di respiro lontano dai rumori della città. Ma che non permette a dune e spiagge sabbiose di svolgere i loro preziosi ruoli ecosistemici. Da cui dipende la tutela della biodiversità, la mitigazione delle inondazioni, la nostra sicurezza idrica. E l’Italia, da questo punto di vista, è il peggior paese al mondo insieme a Giappone, Bulgaria e Filippine: la distanza media è ridotta a 10 metri.
A rischio il 30% di dune e spiagge sabbiose nel mondo
Ad affermarlo è una ricerca condotta da diversi atenei e centri di ricerca olandesi e pubblicata su Nature Communications. Che avverte: la compressione costiera aumenterà nei prossimi decenni. Dune e spiagge sabbiose sono schiacciate tra l’incudine dell’aumento del livello dei mari e il martello delle infrastrutture antropiche in espansione.
Questi ecosistemi in condizioni normali “migrerebbero” verso l’interno, ma ciò gli è impedito dalla pressione antropica. In prospettiva, calcola lo studio A global analysis of how human infrastructure squeezes sandy coasts, nel 2100 tra il 23 e il 30% delle dune e spiagge sabbiose oggi esistenti scomparirà del tutto. “La densità di popolazione e il prodotto interno lordo spiegano il 35-39% della variazione di compressione osservata, sottolineando l’intensificarsi della pressione imposta man mano che i paesi si sviluppano e le popolazioni crescono”, si legge nello studio.
L’Europa ultima in classifica
La situazione non è omogenea in tutto il globo. La media mondiale di 392 metri nasconde disparità molto accentuate. E l’Europa è il continente dove la distanza tra case e mare è più ridotta, solo 131 metri. E quindi dove questi ecosistemi costieri sono più a rischio. Mentre in Oceania la distanza media arriva addirittura a 2,8 km, nel vecchio continente si va da 210 metri dell’Olanda agli appena 30 metri della Francia, ai già citati 10 metri dell’Italia.
Il 33% delle coste sabbiose globali ha meno di 100 m di spazio privo di infrastrutture, il che implica lo sviluppo di infrastrutture direttamente sulla spieggia o nelle immediate vicinanze. Se si calcolano solo infrastrutture più pesanti come edifici e autostrade, la larghezza media globale aumenta a 1,6 km. Ma il 28% delle coste al mondo presentano tali strutture entro i primi 100 m.
Per invertire il trend, concludono i ricercatori olandesi, lo strumento delle aree protette si rivela piuttosto efficace. Laddove dune e spiagge sabbiose hanno uno status protetto, infatti, case e strade sono in media 4 volte più distanti rispetto alle aree senza vincoli. Attualmente, però, appena il 16% delle coste mondiali sono protette.