Il centro per i debunking climatico lanciato da Menlo Park a settembre non funziona: agisce solo sul 3% dei contenuti classificabili come climate misinformation. Mentre le interazioni su gruppi e pagine che negano l’apporto antropico al climate change crescono del 75% in un anno, l’azienda non ha ancora una definizione del fenomeno e pecca di trasparenza
I veri volumi di disinformazione sul clima sono 13 volte più alti di quelli ufficiali
(Rinnovabili.it) – Litigi virtuali e cattiva informazione riempiono le tasche di Mark Zuckerberg. Lo ha spiegato a ottobre la gola profonda di Facebook, Frances Haugen: l’azienda del pollice in su privilegia il profitto alla sicurezza. Anche quando si tratta di roba forte: crimini d’odio, polarizzazione sociale, tensioni etniche. Ora al curriculum di Zuckerberg bisogna aggiungere un altro traguardo: è anche campione di disinformazione sul clima.
Facebook sostiene che sta combattendo su una moltitudine di fronti tra cui i discorsi di odio, la cattiva informazione su temi di salute pubblica, le elezioni e ultimamente anche la disinformazione sul clima. Non è affatto così, i numeri dicono tutt’altro.
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Come spiega il rapporto #InDenial – Facebook’s Growing Friendship With Climate Misinformation, il servizio di debunking sul cambiamento climatico di Facebook (lanciato a settembre) funziona a giri ridotti e dirama numeri ben lontani dalla realtà. Il volume di disinformazione sul clima che circola sul social network è almeno 13,6 volte più grande di quello riconosciuto ufficialmente dall’azienda. E il Climate Science Information Center di Menlo Park fa debunking solo sul 3% dei contenuti che vanno classificati come misinformation climatica.
Il rapporto preparato da Real Facebook Oversight Board e Stop Funding Heat parte dall’analisi di uno spicchio molto rappresentativo della disinformazione sul clima che circola sul social network: 195 gruppi Facebook con nomi come “Il cambiamento climatico è naturale”, “Il cambiamento climatico è una balla”, “Realismo climatico”: tratto in comune, negano il climate change tout court o sminuiscono la portata dell’azione umana sul riscaldamento globale. Gruppi che sono una vera fucina di disinformazione sul clima: gli autori del dossier hanno contato 818mila post che totalizzano in media 1,36 milioni di visualizzazioni ogni singolo giorno.
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Numeri in piena crescita. Rispetto a un anno fa le interazioni sono aumentate di oltre il 75%. Di questo passo non ci vorrà molto prima che la disinformazione online produca degli effetti nel mondo reale, prevedono i ricercatori. Tanto più che Facebook sonnecchia quando dovrebbe agire contro la disinformazione.
L’azienda di Zuckerberg, calcola il dossier, nell’ultimo anno ha accettato denaro per sponsorizzare almeno 113 pagine che sono palesemente fonti di disinformazione sul clima. Nemmeno troppo sofisticata, visto che una frase ricorrente negli ad è “il cambiamento climatico è una bufala”. Post sponsorizzati che hanno raccolto da 11,7 a 14,1 milioni di visualizzazioni (i dati sono della stessa Facebook). Alcune di queste pagine hanno iniziato a operare 1 anno fa, eppure l’azienda non ha mai agito in nessun modo, neppure con un semplice fact-checking. (lm)