Un dossier dell’University Institute for Environment and Human Security dell’Onu analizza le cause comuni degli eventi estremi. Anche le migliori strategie di prevenzione sono interconnesse
Dal 2021, i disastri climatici hanno provocato oltre 10mila morti
(Rinnovabili.it) – Migliorare i sistemi di allerta. Preparare piani per gestire le emergenze più probabili. Progettare infrastrutture resilienti. Orientarsi verso profili di consumo più sostenibili. E lasciar fare il lavoro alla natura, affidandosi a nature-based solutions. Sono le priorità per evitare che i disastri climatici – che diventeranno sempre più frequenti e intensi – si trasformino regolarmente in catastrofi umanitarie con alti numeri di vittime. Lo sostiene il dossier Interconnected Disaster Risks pubblicato oggi dall’UN University Institute for Environment and Human Security (UNU-EHS).
Disastri climatici che hanno cause comuni, sulle quali si può agire mettendo a punto delle soluzioni più efficaci. Il rapporto parte da 10 eventi estremi che hanno caratterizzato gli ultimi 2 anni, illustrando in modo puntuale quali interventi avrebbero permesso di limitare i danni – pari a 10mila morti e 280 miliardi di dollari di perdite.
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Il potenziamento dei sistemi di allerta precoce avrebbe ridotto le vittime dell’ondata di calore della Columbia Britannica, dello tsunami del vulcano Tonga e delle inondazioni di Lagos. Allo stesso modo, consumare in modo sostenibile può “non solo ridurre la pressione sugli ecosistemi da cui dipendiamo per proteggerci da rischi come le inondazioni di Lagos e New York”, ma anche “preservare preziose risorse alimentari e idriche in tempi di scarsità”, come evidenziato rispettivamente dalla scomparsa della vaquita (un cetaceo) e dalla siccità di Taiwan.
O ancora, le soluzioni che sfruttano i processi della natura per ridurre i rischi avrebbero limitato l’impatto di disastri climatici così diversi e distanti come gli incendi nel Mediterraneo (tramite incendi controllati preventivi), terremoto ad Haiti, siccità a Taiwan, insicurezza alimentare nel Madagascar meridionale (con il ripristino degli ecosistemi forestali per stabilizzare il suolo e prevenire il degrado del territorio), o l’uragano Ida grazie alla rigenerazione di corsi d’acqua e fiumi urbani e l’applicazione di una pianificazione urbana consapevole del rischio per ridurre il rischio di inondazioni.
“Se non vogliamo che i disastri che stiamo vivendo diventino la nuova normalità, dobbiamo riconoscere che sono interconnessi, così come lo sono le loro soluzioni”, afferma l’autore principale del dossier Jack O’Connor. “Abbiamo il giusto tipo di soluzioni per prevenire e gestire meglio i pericoli, ma dobbiamo investire con urgenza nel loro potenziamento e nello sviluppo di una migliore comprensione di come possano funzionare in combinazione tra loro”.