Il dossier della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa mette i disastri climatici al primo posto
(Rinnovabili.it) – Tra settembre 2020 e lo scorso febbraio sono stati più di 10 milioni gli sfollati a causa dei disastri climatici. Inondazioni che spazzano popolose aree costiere, ma anche siccità che privano le famiglie dei loro mezzi di sussistenza. Questi i fenomeni che più frequentemente di altri eventi climatici estremi hanno innescato migrazioni forzate.
“Le cose stanno peggiorando poiché il cambiamento climatico aggrava i fattori esistenti come la povertà, i conflitti e l’instabilità politica”, spiega Helen Brunt della Federazione internazionale della Croce Rossa. “L’impatto combinato rende il recupero più lungo e più difficile: le persone hanno a malapena il tempo di riprendersi e sono colpite da un altro disastro”.
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Secondo un rapporto redatto da Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, il continente dove si concentrano di più i disastri climatici negli ultimi mesi è l’Asia. E’ qui che si trova circa il 60% degli sfollati complessivi. Una conferma della tendenza registrata in molti altri documenti sul tema in questi anni.
Secondo un dossier dell’Ufficio per la riduzione del rischio di catastrofi delle Nazioni Unite (Unsdir) pubblicato a ottobre, ad esempio, i cambiamenti climatici sono i principali responsabili del raddoppio dei disastri naturali nel mondo registrato negli ultimi 20 anni. La progressione dei disastri naturali è principalmente legata all’aumento degli eventi estremi che hanno come origine i cambiamenti climatici, passati da 3.656 (nel periodo dal 1980 al 1999) a 6.681 (tra il 2000 e il 2019). Ben la metà di quest’ultima cifra è avvenuta in Asia.
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Il rapporto delle due organizzazioni internazionali sottolinea poi un dato importante: i cambiamenti climatici hanno superato le guerre come causa di migrazioni forzate. E lo hanno fatto nettamente: nello stesso periodo, sono state sfollate dai conflitti ‘solo’ 2 milioni di persone. E si prevede che oltre 1 miliardo di persone dovrà affrontare migrazioni forzate entro il 2050 a causa sia di conflitti che di fattori climatici, secondo un rapporto dell’Institute for Economy and Peace pubblicato lo scorso anno.