Frane e alluvioni costano all’Italia 2,8 miliardi di euro ogni anno. È l’unica stima realistica che si può fare oggi sui danni della crisi climatica in Italia: non abbiamo altri dati. Non c’è nessun ente tecnico, organo o dipartimento ministeriale che raccolga i dati su eventi estremi come siccità o incendi. Il cui impatto è aggravato dal cambiamento climatico provocato dall’uomo.
Un buco nero di informazioni che riduce la capacità di adattamento di enti pubblici e aziende. Grave, perché rischia di rendere ancor meno incisivo il lungo catalogo di azioni che compongono il Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico (PNACC). E perché stona con l’introduzione di assicurazione obbligatoria contro i rischi catastrofali per le aziende a partire dal 2025, deciso dal governo (e forse presto allargato anche alle famiglie).
È il quadro che emerge dal rapporto Quanto costa all’Italia la crisi climatica? Alluvioni e frane, gli impatti economici degli eventi meteo estremi, pubblicato a novembre 2024 da Greenpeace.
Il costo dei danni della crisi climatica in Italia: frane e alluvioni
Dal 2013 al 2020, l’Italia ha subito danni per 22,6 miliardi di euro da frane e alluvioni, con una media di 2,8 miliardi all’anno.
Il dato arriva dall’archivio della Protezione Civile, che è aggiornato al febbraio 2024. Su frane e alluvioni, contiene dati sui danni economici segnalati dalle Regioni e sui relativi stanziamenti a partire da maggio 2013. I dati sui danni arrivano fino al 2020 mentre quelli sugli stanziamenti fino al 2023.
Le regioni più colpite dal dissesto idrogeologico
Quali regioni d’Italia sono più colpite dal dissesto idrogeologico aggravato dal cambiamento climatico?
Frane e alluvioni danneggiano soprattutto l’Emilia-Romagna, che da sola rappresenta l’11,1% dei danni della crisi climatica in Italia con 2,5 miliardi (sempre tra 2020 e 2023: non sono ancora inclusi i dati sulle alluvioni del 2023-24). A seguire, Veneto, Campania e Toscana (ciascuna tra l’8 e il 9,2% del totale) e Liguria e Abruzzo con il 7,8%.
In valori assoluti, tutte queste regioni hanno subìto più di 1,5 miliardi di danni in 8 anni.
I numeri del rischio idrogeologico in Italia
Secondo l’Ispra, il 93,9% dei comuni italiani ha delle aree minacciate dal dissesto idrogeologico sul proprio territorio. In totale, la superficie di territorio nazionale classificata come a rischio idrogeologico per frane e alluvioni è del 18,4%.
Su 58 milioni di cittadini, 1,3 milioni (2,2%) vivono in zone a rischio frane e 6,8 milioni (11,5%) sono minacciati dalle alluvioni.
Il rischio idrogeologico, aggravato da eventi estremi e dalla crisi climatica, riguarda una quota elevata delle industrie e dei servizi in Italia. Sempre secondo l’Ispra, le attività e i servizi che si trovano in aree con pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84mila, mentre il pericolo di inondazione riguarda oltre 640mila attività. In percentuale, l’1,8% delle aziende italiane è in zone a rischio frana e il 13,4% in aree a rischio alluvione.
“A oggi le oltre 635 mila frane censite nell’Inventario dei Fenomeni in Italia rappresentano addirittura i due terzi delle frane europee – spiega il geologo Alessandro Trigila di Ispra, voce inclusa nel rapporto di Greenpeace – e il 28% sono fenomeni estremamente rapidi caratterizzati da elevata distruttività, spesso con gravi conseguenze in termini di perdita di vite umane”.
Danni mai ripagati
Già con questa conta dei danni molto parziale emerge chiaramente che la coperta è troppo corta. Solo il 10% dei danni provocati da frane e alluvioni viene risanato. Il dato arriva sempre dalla Protezione Civile, che tiene traccia degli stanziamenti effettuati dalle Regioni. Si tratta, tra 2013 e 2020, di 2,3 miliardi. A fronte dei 22,6 miliardi di danni complessivi.
Anche il contributo arrivato all’Italia dal Fondo di Solidarietà Europeo non cambia la situazione in modo significativo: dal 2013 al 2020, sono stati destinati all’Italia 561 milioni di euro. Si arriva così al massimo a 2,8 mld euro per risanare i danni.
Prevenzione sconosciuta
L’Italia agisce poco ex post, ma pure ex ante non si muove granché. La prevenzione latita ancora. Secondo i calcoli di Greenpeace, sempre tra 2013 e 2020 abbiamo investito appena 4,5 miliardi di euro in misure di prevenzione contro frane e alluvioni. Un dato positivo però c’è: dal 2021, l’Italia investe stabilmente più di 1 miliardo l’anno.
Dal 2013 al 2023 le somme maggiori sono state spese in Veneto, in Calabria e in Sicilia, mentre le Regioni che hanno avviato più interventi di prevenzione sono Piemonte (1.185 progetti), Calabria (1.152 progetti) e Lombardia (1.086). Anche se, in media, dal finanziamento alla realizzazione dell’opera passano 4 anni e mezzo.
E le assicurazioni? Care o non disponibili
Uno degli strumenti di adattamento dovrebbero essere le assicurazioni. Assicurarsi è un modo per redistribuire il rischio e l’onere degli interventi di ripristino e risanamento. In teoria, con le polizze sui rischi catastrofali si potrebbe ridurre molto il gap di fondi contro i danni della crisi climatica in Italia. Il rapporto di Greenpeace nota però che ci sono delle barriere a una maggior penetrazione di questi strumenti nel Belpaese.
Quali? Prima barriera: le assicurazioni contro i rischi catastrofali hanno tendenzialmente un costo elevato, anche e soprattutto nelle zone in cui il rischio è più alto. Seconda barriera, in molti casi queste assicurazioni semplicemente non sono disponibili per i cittadini italiani.
È quello che emerge dai dati dell’Associazione Nazionale per le Imprese Assicuratrici (ANIA). A marzo 2024, l’83,8% delle polizze esistenti non prevedeva nessuna estensione per il rischio di “catastrofi naturali” (terremoto o alluvione), e solo il 10% permetteva di assicurarsi contro lo specifico rischio di alluvione.
Con l’introduzione dell’obbligo di assicurazione contro i rischi catastrofali per le aziende, previsto dalla Legge di Bilancio 2024 a partire dal 1° gennaio 2025, l’offerta di polizze catastrofali dovrebbe iniziare a maturare ed arricchirsi. Per il momento, però, la situazione è ancora come la descrive Greenpeace.