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Crn: registrati 120.000 anni di evoluzione del ghiaccio marino

ghiaccio marino
Foto di waagefr da Pixabay

Ghiaccio marino artico: gli ultimi 11.000 anni segnano l’estensione minima della banchisa

(Rinnovabili.it) – Condotto dall’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Isp) e pubblicato su Climate of the Past, lo studio ha prodotto la prima registrazione cronologica del ghiaccio marino nel Nord Atlantico. Ciò ha consentito di scoprirne l’evoluzione durante le variazioni climatiche degli ultimi 120mila anni. 

“I risultati mostrano che l’estensione media di ghiaccio marino presente durante gli ultimi 11mila anni dell’Olocene, è stata inferiore a qualsiasi altro periodo precedente degli ultimi 120mila. Il record spiega Niccolò Maffezzoli, ricercatore del Cnr-Isp e autore della ricerca – mostra anche che il periodo di massima estensione e spessore del ghiaccio si verificò circa 20 mila anni fa, durante l’ultimo massimo glaciale. Il ghiaccio iniziò poi a sciogliersi circa 17,5 mila anni fa, in concomitanza con molti altri cambiamenti climatici avvenuti durante la deglaciazione che portò allo stato interglaciale attuale”. 

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Si tratta di un risultato importante considerando che, dal punto di vista paleo-climatico, il ghiaccio marino è una variabile strettamente connessa ai processi che regolano i rapporti tra atmosfera, oceani e biosfera, quindi, anche molto sensibile ai cambiamenti climatici. La formazione del ghiaccio marino (la banchisa) è pertanto un processo di importanza globale per il sistema climatico nonché uno dei più rilevanti in termini di estensione – circa 20 milioni di km2 – ed energia coinvolta.

Lo studio è stato condotto nell’ambito di un progetto Erc europeo, “ice2ice”, a cui il Cnr ha partecipato sia alle operazioni di carotaggio che alle successive misurazioni chimiche, concentrandosi in particolare sull’analisi dei sali marini. A tal fine, i ricercatori hanno utilizzato una carota di ghiaccio lunga 584 metri, estratta nel 2015 da un ghiacciaio situato sulla costa Est della Groenlandia.

Il nostro studio usa un marcatore di utilizzo recente nello studio delle carote di ghiaccio, il rapporto bromo-sodio, sul quale vi sono ancora da chiarire alcuni aspetti: ma le prove a suo sostegno, non ultime il confronto con le ricostruzioni ricavate dalle carote di sedimenti dei fondali oceanici, inducono a proseguire la ricerca in questa direzione. Attendiamo con ansia – conclude Maffezzoli – di poter misurare la carota che verrà estratta dalla calotta antartica nel progetto Beyond-Epica, che si stima possa coprire l’ultimo milione e mezzo di storia climatica della Terra”.

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