Le temperature sono state significativamente sopra la media soprattutto sull’Europa orientale e su parti di quella nord-orientale. A trainare verso l’alto la colonnina di mercurio ha contribuito una poderosa ondata di calore che ha investito il continente a cavallo di Capodanno.
Preoccupano anche i dati sulla siccità in Europa
(Rinnovabili.it) – Nei tre mesi invernali, l’Europa ha avuto una temperatura di 1,4 gradi più alta rispetto alla media degli ultimi 30 anni (1991-2020). È la seconda stagione invernale più calda mai registrata nel vecchio continente. Solo l’inverno del 2019/2020 batte i numeri della crisi climatica di quest’anno. Allora, l’anomalia termica era stata di +3,4°C ma sulla media del periodo 1980-2010, comunque 1,4°C sopra il record precedente che risaliva al 2016. Lo comunica il sistema europeo di monitoraggio satellitare Copernicus.
Le temperature sono state significativamente sopra la media soprattutto sull’Europa orientale e su parti di quella nord-orientale. A trainare verso l’alto la colonnina di mercurio ha contribuito una poderosa ondata di calore che ha investito il continente a cavallo di Capodanno. In Polonia e nei paesi baltici, ad esempio, i termometri hanno segnato anche 16°C più della media del periodo.
Siccità record
Oltre che caldo, l’inverno boreale è stato anche molto più secco della media per gran parte dell’Europa occidentale e sudorientale, nonché per alcune regioni della Russia. Condizioni più umide della media, invece, si sono verificate in alcune parti della penisola iberica e in un’ampia regione da sud-ovest a nord-est del continente.
Condizioni di siccità che il mese di febbraio ha incancrenito. Il mese scorso, la maggior parte dell’Europa occidentale e meridionale ha registrato condizioni più secche della media, e diverse regioni hanno registrato livelli record di umidità del suolo. Secondo i dati di Copernicus, a febbraio tutta l’Italia ha visto meno piogge della media storica salvo la Sicilia.
Crisi climatica ai Poli
Lasciando l’Europa, dopo il suo omologo statunitense, anche il sistema europeo di rilevazioni climatiche certifica il record negativo per il ghiaccio marino dell’Antartide. L’estensione è del 34% inferiore alla media e ha superato anche il primato stabilito appena un anno fa. L’estensione del ghiaccio marino artico è stata invece del 4% al di sotto della media, posizionandosi al secondo posto tra i mesi di febbraio con meno ghiaccio insieme a febbraio 2016 e 2017.
“I nostri ultimi dati mostrano che il ghiaccio marino antartico ha raggiunto l’estensione più bassa nei 45 anni di dati satellitari. Queste condizioni di ghiaccio marino ridotto possono avere importanti implicazioni per la stabilità delle piattaforme di ghiaccio antartiche e, in ultima analisi, per l’innalzamento globale del livello del mare. Le calotte polari sono un indicatore sensibile della crisi climatica ed è importante monitorare da vicino i cambiamenti che vi si verificano”, commenta Samantha Burgess, vicedirettore di Copernicus.