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Guida alla COP29 Clima di Baku: i Dossier in Agenda e Cosa Cambierà per il Clima

Cop29 Clima a Baku: Cosa Aspettarsi dal Summit sul Cambiamento Climatico
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Il summit sul clima in Azerbaijan sarà soprattutto la Cop della finanza. È questo il dossier al centro dei negoziati internazionali che si terranno nella 2° e 3° settimana di novembre. Anche se finora, alle Cop precedenti e durante i negoziati intermedi nel 2024, i progressi sono stati scarsi, il vertice si deve chiudere con un accordo sul nuovo obiettivo di finanza climatica per il post 2025. Vediamo nel dettaglio quali sono i temi principali in discussione alla Cop29 Clima di Baku.

Cosa sono le Cop per il Clima?

La 29° Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici (Cop29) si terrà a Baku, in Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre 2024.

Cop è l’acronimo di Conference of Parties, la riunione annuale dei circa 200 paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro dell’Onu sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, Unfccc).

La Cop Clima è uno dei 3 filoni negoziali avviati nel 1992 con il Summit della Terra di Rio. Gli altri due sono la Cop Biodiversità (gestita dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, Cbd) e la Cop contro la Desertificazione (gestita dalla Convenzione per Combattere la Desertificazione, Unccd). I tre accordi globali, conosciuti anche come Convenzioni di Rio, procedono in parallelo per garantire che la terra, il clima e la biodiversità traggano vantaggio da un approccio congiunto per ripristinare l’equilibrio con il Pianeta.

La finanza al centro della Cop29 Clima

A Baku i negoziati ruoteranno soprattutto attorno al dossier della finanza per il clima. La Cop29 Clima deve ridefinire il patto politico con cui i paesi più ricchi si impegnano a mobilitare risorse finanziarie per supportare le politiche di mitigazione e adattamento dei paesi con economie emergenti e meno sviluppate.

Il Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG)

L’accordo finale dovrà definire il Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG), cioè il quadro per la finanza climatica post 2025. Concretamente, la Cop29 deve aggiornare l’obiettivo globale (quello precedente è di 100 miliardi di dollari l’anno fino al 2025) e rifondare la struttura stessa della finanza climatica. Perché? Principalmente, per creare meccanismi in grado di mobilitare abbastanza risorse e assicurare che siano destinate là dove ce n’è più bisogno.

Questa parte del negoziato è una delle più complesse. I round negoziali pre-Cop hanno fatto emergere posizioni ancora molto distanti tra gli Stati. Manca un’intesa, anche solo di massima, su tutti i punti fondamentali per un accordo sul NCQG:

Inoltre, ci sono discussioni aperte sulla quota da destinare all’adattamento e alla mitigazione, e sul tipo di finanziamento (prestiti e/o a fondo perduto) da preferire. Secondo il think tank Climate Policy Initiative, tra 2021 e 2022 (ultimi anni per cui esistono dati consolidati), sui 1.300 mld $ mobilitati sotto varia forma a livello globale, più di 1.100 sono andati ad azioni di mitigazione e appena 68 mld ad azioni di adattamento. Uno sbilanciamento che rende sempre più esposti i paesi già più vulnerabili. Inoltre, solo 73 mld sono stati concessi a fondo perduto e appena 76 mld con tassi agevolati.

Le posizioni negoziali sul NCQG

La spaccatura divide i paesi del Sud globale da quelli del Nord globale. I paesi del sud del mondo vogliono più risorse, vogliono tener conto delle responsabilità storiche dell’Occidente nella crisi climatica (far valere le emissioni storiche, cumulative dall’inizio dell’era industriale), vogliono più equilibrio tra i finanziamenti per la mitigazione e per l’adattamento.

Al contrario, i paesi con economie avanzate sono stati finora restii a fissare un ammontare complessivo per la finanza climatica post-2025. Prima di discuterlo, vogliono aumentare la platea dei paesi tenuti a contribuire al NCQG. Oggi, infatti, la lista Unfccc dei paesi “ricchi” è quella stilata nel 1991. Cina, monarchie del Golfo e altre economie oggi emergenti sono quindi fuori dalla lista, anche se oggi avrebbero le possibilità finanziarie per contribuire.

La finanza per l’adattamento

L’anno scorso, il summit sul clima di Dubai ha approvato un accordo quadro per il Global Goal on Adaptation. Istituito dall’Accordo di Parigi, l’obiettivo sull’adattamento punta a “migliorare la capacità di adattamento, rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici” (art.7.1 del Paris Agreement). In pratica, crea un quadro comune per assicurare che le risorse per l’adattamento alla crisi climatica vengano mobilitate sulla stessa scala di quelle per la mitigazione.

La Cop29 Clima di Baku dovrà usare il nuovo quadro per inserire obiettivi specifici, misurabili e chiari per la finanza per l’adattamento all’interno del NCQG. Dovrà procedere il lavoro sulla definizione degli indicatori (che si concluderà l’anno prossimo alla Cop30 di Manaus, in Brasile).

Come per l’obiettivo generale per il quadro post-2025, va aggiornato anche l’impegno a raddoppiare questa voce entro il 2025 rispetto ai livelli del 2019, che prevedeva di portare le risorse intorno ai 40 miliardi di dollari l’anno. Oggi i 46 paesi meno sviluppati ricevono meno del 3% dei finanziamenti di cui hanno bisogno per adattarsi al cambiamento climatico. Il divario finanziario per l’adattamento è stimato tra 194 e 366 miliardi di dollari l’anno.

Il fondo per le Perdite e i Danni (Loss & Damage)

L’altro grande dossier di finanza climatica alla Cop29 di Baku sarà come rendere davvero operativo il fondo per le Perdite e i Danni (Loss & Damage). Questo fondo istituito alla Cop27 di Sharm el-Sheikh dovrebbe raccogliere e distribuire risorse per i paesi più vulnerabili all’indomani di eventi estremi innescati dalla crisi climatica. Spesso, questi paesi hanno economie fragili e faticano a finanziare politiche di adattamento perché costretti a barcamenarsi tra continue emergenze e morsa del debito.

Un passo avanti è stata la definizione della governance del Fondo Loss & Damage, finalizzata lo scorso luglio. Inizialmente ospitato dalla Banca Mondiale, il Fondo sarà gestito dalle Filippine. Manca, invece, il tassello più importante: i soldi. I fondi promessi inizialmente, su base volontaria, superano i 600 milioni di dollari. Ma il grosso è rimasto su carta. E restano da definire anche i criteri di accessibilità alle risorse, in particolare i requisiti amministrativo-burocratici (con i paesi più vulnerabili che chiedono semplificazioni per facilitare e velocizzare l’accesso ai fondi).

I nuovi Contributi Nazionali Volontari (NDC)

La Cop29 Clima sarà anche il momento in cui saranno depositati i primi piani nazionali d’azione climatica con orizzonte 2035. Tutti i paesi entro febbraio 2025 dovranno aggiornare i loro Contributi Nazionali Volontari. Negli NDC, dovranno rivedere gli obiettivi al 2030 e formulare nuovi obiettivi al 2035. Sarà un passaggio importante, perché dalla qualità degli NDC dipende se rispetteremo o no gli obiettivi di 1,5°C e 2°C fissati a Parigi. Come avvenuto in passato, l’ambizione mostrata da alcuni paesi durante la Cop può influenzare positivamente l’esito dei negoziati.

L’ultimo rapporto dell’Unfccc calcola che gli NDC attuali siano drasticamente insufficienti per rispettare l’Accordo di Parigi. Complessivamente, taglieranno le emissioni nel 2030 soltanto del 2,6% sui livelli del 2019, mentre la traiettoria giusta richiede almeno -43% (-27% per stare sotto i 2°C). Un altro rapporto Onu, pubblicato di recente dall’Unep, calcola che per limitarci a un aumento di 1,5°C, ogni anno fino al 2035 le emissioni devono essere ridotte del 7,5%. Per stare sotto 2°C, il taglio annuale dev’essere del 4%.

Per essere in linea con l’obiettivo di 1,5°C, come minimo gli NDC devono fissare obiettivi di riduzione dei gas serra lungo l’intera economia, incorporare la decisione di abbandonare i combustibili fossili (sia lato offerta sia lato domanda), riflettere gli impegni assunti alla COP28 di triplicare la capacità rinnovabile globale e raddoppiare l’efficienza energetica.

Programma di lavoro sulla Transizione Giusta (Just Transition Work Program)

Istituito alla Cop27 e dotato di obiettivi generali alla Cop28, il Programma di lavoro sulla Transizione Giusta punta a instaurare un dialogo multilaterale che definisca dei percorsi di transizione compatibili con gli obiettivi di Parigi e che permettano di raggiungerli in modo giusto e equo. I percorsi devono considerare molte dimensioni (da quella energetica a quella socio-economica, a quella della forza lavoro) e includere elementi di tutela sociale.

Finora, le sessioni negoziali intermedie non hanno prodotto molti passi in avanti. È mancato consenso su come e quali portatori di interesse coinvolgere in questo formato di dialogo, e su come poter ricalibrare la cooperazione internazionale.

I mercati del carbonio ex Articolo 6

Un capitolo che potrebbe vedere un passo avanti decisivo in Azerbaijan è quello dell’Articolo 6 del Paris Agreement, ovvero i negoziati per la creazione di un mercato globale del carbonio e per gli scambi bilaterali internazionali di crediti di carbonio (mercati volontari). Permettendo ai paesi di scambiare le riduzioni delle emissioni, l’obiettivo di questi mercati è migliorare l’efficacia in termini di costi degli sforzi di mitigazione del clima, promuovendo al contempo uno sviluppo sostenibile.

I negoziati sono in fase avanzata ma restano divergenze su punti importanti, come i metodi per evitare il doppio conteggio dei crediti e garantire benefici addizionali, i parametri per dare credibilità ai crediti di carbonio, i requisiti di trasparenza.

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