Il summit in Azerbaijan deve definire il quadro della finanza per il clima post 2025. Fondo Loss & Damage, finanza per l'adattamento, nuovi piani nazionali per il clima sono gli altri temi al centro del vertice. Una guida ai dossier principali in discussione alla Cop29 di Baku
Il summit sul clima in Azerbaijan sarà soprattutto la Cop della finanza. È questo il dossier al centro della 29° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la Cop29 Clima di Baku, in Azerbaijan, che si tiene dall’11 al 22 novembre 2024. Anche se finora, alle Cop precedenti e durante i negoziati intermedi nel 2024, i progressi sono stati scarsi, il vertice si deve chiudere con un accordo sul nuovo obiettivo di finanza climatica per il post 2025.
Vediamo nel dettaglio quali sono i temi principali in discussione alla Cop29 Clima di Baku, come si discute di finanza climatica alla Cop29, quali sono le iniziative su mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.
Il paese ospitante: l’Azerbaijan tra gas, guerra e autoritarismo
Non sarà semplice arrivare a un buon accordo finale a Baku, per molte ragioni. Non ultima, la caratura della presidenza di turno. Come l’anno scorso, anche la Cop29 è guidata da un paese produttore di idrocarburi.
L’Azerbaijan è uno dei massimi produttori ed esportatori mondiali di gas fossile. E’ anche grazie al suo gas che l’UE è riuscita con relativa facilità a ridurre quasi a zero la dipendenza energetica dalla Russia dopo l’invasione totale dell’Ucraina nel 2022. I combustibili fossili rappresentano oltre il 90% dei proventi da esportazioni dell’Azerbaijan, il 60% delle entrate pubbliche e il 35% del pil.
Inoltre, molte delegazioni nazionali criticano l’autoritarismo del regime di Baku, guidato fin dalla fine della Guerra Fredda dalla dinastia degli Aliyev. L’Azerbaijan ha condotto e vinto una guerra di conquista contro l’Armenia, occupando integralmente la regione contesa del Nagorno-Karabakh nel 2023. L’area era interessata da un conflitto a bassa intensità che durava dagli anni ’90.
Cosa sono le Cop per il Clima?
La 29° Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici (Cop29) si terrà a Baku, in Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre 2024.
Cop è l’acronimo di Conference of Parties, la riunione annuale dei circa 200 paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro dell’Onu sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, Unfccc).
La Cop Clima è uno dei 3 filoni negoziali avviati nel 1992 con il Summit della Terra di Rio. Gli altri due sono la Cop Biodiversità (gestita dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, Cbd) e la Cop contro la Desertificazione (gestita dalla Convenzione per Combattere la Desertificazione, Unccd). I tre accordi globali, conosciuti anche come Convenzioni di Rio, procedono in parallelo per garantire che la terra, il clima e la biodiversità traggano vantaggio da un approccio congiunto per ripristinare l’equilibrio con il Pianeta.
30 anni di negoziati sul clima
Dal 1995, si svolge ogni anno, verso novembre, un vertice internazionale per discutere le sfide del cambiamento climatico e prendere accordi per affrontare il problema del riscaldamento globale.
Questo processo è multilaterale e procede per “consenso”: in teoria, le decisioni sono prese all’unanimità (ciascun paese ha diritto di veto).
Il processo dei summit sul clima è composto da molti filoni negoziali distinti. Anche se ogni summit ha una sua importanza, nella storia delle COP sui cambiamenti climatici ci sono stati alcuni momenti chiave:
- COP3 di Kyoto (1997): dopo due anni e mezzo di negoziati viene siglato il Protocollo di Kyoto, il primo grande accordo internazionale per affrontare il cambiamento climatico.
- COP15 di Copenhagen (2009): nonostante non riesca a impostare un percorso per un nuovo, grande accordo internazionale (bisognerà aspettare il 2015), il summit in Danimarca cita per la 1° volta la necessità di tenere il riscaldamento globale sotto i 2°C (valutando la fattibilità di non sforare 1,5°C) e assume il 1° impegno di finanza climatica (100 miliardi di dollari l’anno entro il 2020).
- COP21 di Parigi (2015): termina con l’approvazione dell’Accordo di Parigi, che sostituisce e aggiorna il Protocollo di Kyoto. All’avvio della Cop29 di Baku, il Paris Agreement è il principale punto di riferimento per la diplomazia climatica globale.
- COP28 di Dubai (2023): anche questo summit delude le aspettative, ma per la 1° volta la dichiarazione finale impegna i paesi ad “allontanarsi dai combustibili fossili“ (transitioning away from fossil fuels): una formula debole rispetto all’abbandono graduale che molti auspicavano, ma pur sempre un primo passo verso l’addio alla principale causa del cambiamento climatico di origine antropica.
Una Cop di transizione?
Per alcuni, la Cop29 è una “Cop di transizione”. Cosa significa? Il summit di Baku sarebbe un passaggio intermedio tra la Cop28 di Dubai, dove è stata decisa la transizione dalle fossili, e la Cop30 di Belem in Brasile, dove i paesi presenteranno i loro piani nazionali (NDC) aggiornati e si farà un bilancio dell’azione climatica globale a metà del decennio.
E’ una prospettiva che tende a togliere importanza al vertice in Azerbaijan, proprio quando tutti i rapporti internazionali mostrano, invece, che è necessario iniziare ad agire immediatamente per avere qualche chance di rispettare ancora l’Accordo di Parigi. Ad esempio, l’Emissions Gap Report 2024 dell’Unep specifica che rispettare l’obiettivo di 1,5 gradi è ancora “tecnicamente fattibile”, ma manca una reale volontà politica e finanziaria di sfruttare appieno il potenziale di mitigazione disponibile. Sempre secondo questo rapporto, per limitarci a un aumento di 1,5°C, ogni anno fino al 2035 le emissioni devono essere ridotte del 7,5%. Per stare sotto 2°C, il taglio annuale dev’essere del 4%. Nel 2023, le emissioni sono aumentate dell’1,3%.
Chi partecipa alla conferenza sul clima di Baku
Alla conferenza sul clima di Baku partecipano i delegati di tutti i 198 paesi che fanno parte della Unfccc. Le delegazioni nazionali sono composte in genere da funzionari e tecnici che conducono le trattative curando i dettagli tecnici. A ministri, premier e presidenti spetta invece un ruolo prettamente politico.
La presenza o meno di politici di alto livello non è un aspetto secondario per l’esito dei negoziati. Spesso, alcuni nodi possono essere sciolti solo da una sessione di trattative fra chi dispone di sufficiente autorità politica. Partecipazioni e assenze alla Cop29 sono un buon indicatore per intuire la bontà dell’accordo finale che si riuscirà a raggiungere.
Partecipanti e assenze alla Cop29: le implicazioni per i negoziati sul clima
In questo senso, la Cop29 Clima non sembra avere le carte in regola per poter raggiungere un accordo particolarmente ambizioso. Al summit di Baku non parteciperanno né Joe Biden (Stati Uniti) né Xi Jinping (Cina). I due massimi inquinatori mondiali saranno rappresentati solo dai loro inviati speciali per il clima.
A Baku non si presenterà nemmeno Vladimir Putin (Russia) né Narendra Modi (India). Russia e India sono altri due grandi inquinatori mondiali.
Assente anche Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. Pochi i leader politici europei che parteciperanno: Emmanuel Macron per la Francia e Olaf Scholz per la Germania non sono in partenza per l’Azerbaijan. Partecipa invece Giorgia Meloni per l’Italia.
L’assenza di Joe Biden e di altri leader mondiali come Emmanuel Macron e Olaf Scholz ha suscitato preoccupazioni sull’efficacia dei negoziati, dato che gli Stati Uniti, la Francia e la Germania sono tra i principali attori globali nella lotta al cambiamento climatico. L’assenza del presidente degli Stati Uniti, in particolare, potrebbe ridurre la capacità di influenzare un aumento dei fondi per la finanza climatica.
Il discorso di Giorgia Meloni alla Cop29 | Aggiornamento
Nel suo discorso alla seduta plenaria della Cop29 Clima di Baku il 13 novembre, Giorgia Meloni:
- ha sottolineato il ruolo di tutte le soluzioni e tecnologie per accelerare la transizione.
- La presidente del Consiglio ha citato l’art.28 del Patto di Dubai, ma ha tralasciato l’elemento più importante: la necessità di avviare la transizione dalle fossili.
- La premier si è invece dilungata sulla fusione nucleare, una soluzione che non sarà disponibile per decenni e non può contribuire alla transizione nel periodo più critico per rispettare l’Accordo di Parigi.
- Sulla finanza climatica, Giorgia Meloni ha sottolineato il ruolo dell’Italia, specialmente per le partnership di vario tipo con l’Africa, che fanno parte del Piano Mattei lanciato dal governo italiano.
La finanza al centro della Cop29 Clima
A Baku i negoziati ruoteranno soprattutto attorno al dossier della finanza per il clima. La Cop29 Clima deve ridefinire il patto politico con cui i paesi più ricchi si impegnano a mobilitare risorse finanziarie per supportare le politiche di mitigazione e adattamento dei paesi con economie emergenti e meno sviluppate.
Il Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG)
L’accordo finale dovrà definire il Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG), cioè il quadro per la finanza climatica post 2025. Concretamente, la Cop29 deve aggiornare l’obiettivo globale (quello precedente è di 100 miliardi di dollari l’anno fino al 2025) e rifondare la struttura stessa della finanza climatica. Perché? Principalmente, per creare meccanismi in grado di mobilitare abbastanza risorse e assicurare che siano destinate là dove ce n’è più bisogno.
Questa parte del negoziato è una delle più complesse. I round negoziali pre-Cop hanno fatto emergere posizioni ancora molto distanti tra gli Stati. Manca un’intesa, anche solo di massima, su tutti i punti fondamentali per un accordo sul NCQG:
- quante risorse servono, ovvero qual è il nuovo obiettivo di finanza climatica post-2025 (le stime vanno da 1.000 a 2.400 mld $ l’anno entro il 2030);
- chi deve contribuire a tali finanziamenti;
- chi è titolato a riceverli.
Inoltre, ci sono discussioni aperte sulla quota da destinare all’adattamento e alla mitigazione, e sul tipo di finanziamento (prestiti e/o a fondo perduto) da preferire. Secondo il think tank Climate Policy Initiative, tra 2021 e 2022 (ultimi anni per cui esistono dati consolidati), sui 1.300 mld $ mobilitati sotto varia forma a livello globale, più di 1.100 sono andati ad azioni di mitigazione e appena 68 mld ad azioni di adattamento. Uno sbilanciamento che rende sempre più esposti i paesi già più vulnerabili. Inoltre, solo 73 mld sono stati concessi a fondo perduto e appena 76 mld con tassi agevolati.
Quanto bisogna investire per rendere efficace la finanza per il clima?
Al momento, esistono stime di diversa fonte sull’ammontare di finanza climatica necessario per mantenere a portata di mano gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Oggi, ricordiamo, è ancora in vigore l’obiettivo di 100 miliardi di dollari l’anno entro il 2025.
Ecco le stime più accreditate del fabbisogno globale di finanza per il clima, di cui si discute alla Cop29 di Baku:
- circa 6.000 miliardi di dollari l’anno: la stima è stata formulata nel 2022 dal Comitato Permanente sulla Finanza dell’Unfccc ed è contenuta nel primo Needs Determination Report. Si basa sul fabbisogno dichiarato dai paesi nei loro Contributi Nazionali Volontari (NDC);
- fino a 6.900 miliardi di dollari l’anno: la stima deriva dal 2° Needs Determination Report dell’Unfccc, pubblicato a settembre 2024;
- 2.400 miliardi di dollari l’anno: è la stima dell’Ipcc contenuta nel 2° rapporto dell’Independent High Level Expert Group on Climate Finance pubblicato a inizio dicembre 2023, la sintesi più aggiornata sullo stato della finanza climatica.
- 1.000 miliardi di dollari l’anno: è la stima del rapporto Stern-Songwe, due esponenti dell’Independent High Level Expert Group on Climate Finance. Pubblicato a fine 2022, questo rapporto conteneva indicazioni dettagliate su come strutturare l’architettura della finanza climatica per renderla davvero efficace. Secondo Climate Action Network, la cifra di 1.000 mld $ sarebbe suddivisa in 400 mld per Loss & Damage, 300 mld per l’adattamento e 300 mld per la mitigazione.
Le stime più recenti e autorevoli sul fabbisogno di finanza per il clima | Aggiornamento
A ridosso della Cop29 è stato pubblicato il 3° rapporto dell’Independent High Level Expert Group on Climate Finance.
Lo studio stima il fabbisogno di finanza climatica per i paesi con economie emergenti (in via di sviluppo), esclusa la Cina, a 2.300/2.500 miliardi di dollari l’anno entro il 2030, e 3.100/3.500 mld $ entro il 2035.
Metà di queste risorse sarebbero reperibili dai budget degli stessi paesi in via di sviluppo, mentre l’altra metà, cioè circa 1.200 mld $ nel 2030 e 1.750 mld $ nel 2035, dovrebbe arrivare dall’esterno.
Lo ha ribadito anche Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfccc, parlando alla Cop29 in parallelo all’inizio del summit G20 di Rio: “I costi dell’adattamento stanno schizzando per tutti, specialmente per i Paesi in via di sviluppo. Potrebbero salire a 340 miliardi all’anno nel 2030, raggiungendo 565 miliardi all’anno nel 2050“.
Le posizioni negoziali sul NCQG
La spaccatura divide i paesi del Sud globale da quelli del Nord globale. I paesi del sud del mondo vogliono più risorse, vogliono tener conto delle responsabilità storiche dell’Occidente nella crisi climatica (far valere le emissioni storiche, cumulative dall’inizio dell’era industriale), vogliono più equilibrio tra i finanziamenti per la mitigazione e per l’adattamento.
Al contrario, i paesi con economie avanzate sono stati finora restii a fissare un ammontare complessivo per la finanza climatica post-2025. Prima di discuterlo, vogliono aumentare la platea dei paesi tenuti a contribuire al NCQG. Oggi, infatti, la lista Unfccc dei paesi “ricchi” è quella stilata nel 1991. Cina, monarchie del Golfo e altre economie oggi emergenti sono quindi fuori dalla lista, anche se oggi avrebbero le possibilità finanziarie per contribuire.
La finanza per l’adattamento
L’anno scorso, il summit sul clima di Dubai ha approvato un accordo quadro per il Global Goal on Adaptation. Istituito dall’Accordo di Parigi, l’obiettivo sull’adattamento punta a “migliorare la capacità di adattamento, rafforzare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici” (art.7.1 del Paris Agreement). In pratica, crea un quadro comune per assicurare che le risorse per l’adattamento alla crisi climatica vengano mobilitate sulla stessa scala di quelle per la mitigazione.
La Cop29 Clima di Baku dovrà usare il nuovo quadro per inserire obiettivi specifici, misurabili e chiari per la finanza per l’adattamento all’interno del NCQG. Dovrà procedere il lavoro sulla definizione degli indicatori (che si concluderà l’anno prossimo alla Cop30 di Manaus, in Brasile).
Come per l’obiettivo generale per il quadro post-2025, va aggiornato anche l’impegno a raddoppiare questa voce entro il 2025 rispetto ai livelli del 2019, che prevedeva di portare le risorse intorno ai 40 miliardi di dollari l’anno. Oggi i 46 paesi meno sviluppati ricevono meno del 3% dei finanziamenti di cui hanno bisogno per adattarsi al cambiamento climatico. Il divario finanziario per l’adattamento è stimato tra 194 e 366 miliardi di dollari l’anno.
Il fondo per le Perdite e i Danni (Loss & Damage)
L’altro grande dossier di finanza climatica alla Cop29 di Baku sarà come rendere davvero operativo il fondo per le Perdite e i Danni (Loss & Damage). Questo fondo istituito alla Cop27 di Sharm el-Sheikh dovrebbe raccogliere e distribuire risorse per i paesi più vulnerabili all’indomani di eventi estremi innescati dalla crisi climatica. Spesso, questi paesi hanno economie fragili e faticano a finanziare politiche di adattamento perché costretti a barcamenarsi tra continue emergenze e morsa del debito.
Un passo avanti è stata la definizione della governance del Fondo Loss & Damage, finalizzata lo scorso luglio. Inizialmente ospitato dalla Banca Mondiale, il Fondo sarà gestito dalle Filippine. Manca, invece, il tassello più importante: i soldi. I fondi promessi inizialmente, su base volontaria, superano i 600 milioni di dollari. Ma il grosso è rimasto su carta. E restano da definire anche i criteri di accessibilità alle risorse, in particolare i requisiti amministrativo-burocratici (con i paesi più vulnerabili che chiedono semplificazioni per facilitare e velocizzare l’accesso ai fondi).
Il G20 di Rio non sblocca la finanza per il clima alla Cop29 | Aggiornamento
Il 18 novembre è iniziata la riunione dei leader del G20 a Rio de Janeiro, in Brasile. Il summit coincide con l’inizio della 2° settimana di negoziati alla Cop29, quella decisiva. Mentre a Baku, nei primi 7 giorni, i progressi sul dossier della finanza climatica sono arrivati col contagocce, la bozza di comunicato finale del G20 di Rio circolata a inizio del vertice sembrava poter contribuire a sbloccare l’impasse. Non è andata così.
Cosa diceva la bozza di comunicato finale del G20? Toccava il tema della finanza climatica, in particolare del NCQG. E affermava che sono chiamati a contribuire all’obiettivo anche i paesi in via di sviluppo, benché solo su base volontaria e senza obblighi di sorta.
In questo modo, il G20 avrebbe sciolto uno dei punti più contesi a Baku. I paesi più ricchi vogliono espandere la platea dei paesi che contribuiscono all’obiettivo di finanza per il clima, prima di discutere qualsiasi cifra. I paesi in via di sviluppo non vogliono alcuna espansione e chiedono cifre precise (a seconda delle opzioni, tra i 1.000 e i 1.300 mld $ l’anno) con sotto-obiettivi per adattamento e loss & damage.
Tuttavia, nella versione finale del comunicato congiunto del G20 di Rio de Janeiro pubblicata il 19 novembre, il passaggio sulla finanza climatica è stato annacquato. L’unico assist alla Cop29 di Baku è il riconoscimento dell’ordine di grandezza della cifra annuale: migliaia di miliardi, non miliardi. Manca però qualsiasi indicazione di compromesso tra le posizioni del Nord e del Sud globali. Il testo non tratta il tema dell’espansione della platea di paesi contributori, né altri nodi ancora da sciogliere sul NCQG.
I nuovi Contributi Nazionali Volontari (NDC)
La Cop29 Clima sarà anche il momento in cui saranno depositati i primi piani nazionali d’azione climatica con orizzonte 2035. Tutti i paesi entro febbraio 2025 dovranno aggiornare i loro Contributi Nazionali Volontari. Negli NDC, dovranno rivedere gli obiettivi al 2030 e formulare nuovi obiettivi al 2035. Sarà un passaggio importante, perché dalla qualità degli NDC dipende se rispetteremo o no gli obiettivi di 1,5°C e 2°C fissati a Parigi. Come avvenuto in passato, l’ambizione mostrata da alcuni paesi durante la Cop può influenzare positivamente l’esito dei negoziati.
L’ultimo rapporto dell’Unfccc calcola che gli NDC attuali siano drasticamente insufficienti per rispettare l’Accordo di Parigi. Complessivamente, taglieranno le emissioni nel 2030 soltanto del 2,6% sui livelli del 2019, mentre la traiettoria giusta richiede almeno -43% (-27% per stare sotto i 2°C). Un altro rapporto Onu, pubblicato di recente dall’Unep, calcola che per limitarci a un aumento di 1,5°C, ogni anno fino al 2035 le emissioni devono essere ridotte del 7,5%. Per stare sotto 2°C, il taglio annuale dev’essere del 4%.
Per essere in linea con l’obiettivo di 1,5°C, come minimo gli NDC devono fissare obiettivi di riduzione dei gas serra lungo l’intera economia, incorporare la decisione di abbandonare i combustibili fossili (sia lato offerta sia lato domanda), riflettere gli impegni assunti alla COP28 di triplicare la capacità rinnovabile globale e raddoppiare l’efficienza energetica.
Programma di lavoro sulla Transizione Giusta (Just Transition Work Program)
Istituito alla Cop27 e dotato di obiettivi generali alla Cop28, il Programma di lavoro sulla Transizione Giusta punta a instaurare un dialogo multilaterale che definisca dei percorsi di transizione compatibili con gli obiettivi di Parigi e che permettano di raggiungerli in modo giusto e equo. I percorsi devono considerare molte dimensioni (da quella energetica a quella socio-economica, a quella della forza lavoro) e includere elementi di tutela sociale.
Finora, le sessioni negoziali intermedie non hanno prodotto molti passi in avanti. È mancato consenso su come e quali portatori di interesse coinvolgere in questo formato di dialogo, e su come poter ricalibrare la cooperazione internazionale.
I mercati del carbonio ex Articolo 6
Un capitolo che potrebbe vedere un passo avanti decisivo in Azerbaijan è quello dell’Articolo 6 del Paris Agreement, ovvero i negoziati per la creazione di un mercato globale del carbonio e per gli scambi bilaterali internazionali di crediti di carbonio (mercati volontari). Permettendo ai paesi di scambiare le riduzioni delle emissioni, l’obiettivo di questi mercati è migliorare l’efficacia in termini di costi degli sforzi di mitigazione del clima, promuovendo al contempo uno sviluppo sostenibile.
I negoziati sono in fase avanzata ma restano divergenze su punti importanti, come i metodi per evitare il doppio conteggio dei crediti e garantire benefici addizionali, i parametri per dare credibilità ai crediti di carbonio, i requisiti di trasparenza.
Risultati Cop29 Clima sui mercati del carbonio | Aggiornamenti
L’11 novembre, la seduta plenaria di apertura del summit sul clima ha approvato l’accordo sui mercati del carbonio. Il testo approvato non è frutto di negoziati politici: è il testo (senza modifiche) preparato dai tecnici e presentato agli Stati lo scorso ottobre. In molte parti, i dettagli appaiono carenti, mancano pesi e contrappesi, c’è poca trasparenza sui processi che regolano gli scambi di crediti.
Per farlo votare, la presidenza della Cop29 ha suggerito che il contenuto dell’accordo potrà essere modificato già dal prossimo anno. Le regole del mercato del carbonio, quindi, non sono realmente definitive.
Questi sono i punti principali dell’accordo sui mercati del carbonio raggiunto alla Cop29:
- l’accordo definisce i dettagli per rendere pienamente operativo l’articolo 6.4 dell’Accordo di Parigi;
- l’articolo 6.4 stabilisce un mercato globale che regola la creazione e lo scambio di crediti di carbonio, garantendo la trasparenza e l’integrità del processo;
- sono stati adottati standard internazionali per la creazione di crediti, sotto la supervisione del Supervisory Body (SBM), che verificherà e registrerà i progetti di carbonio prima di consentire lo scambio dei crediti;
- le nuove regole potrebbero rafforzare il mercato volontario del carbonio, dove le aziende acquistano crediti per compensare le proprie emissioni, migliorando la trasparenza e la governance;
- l’accordo ha ricevuto molte critiche sia dai delegati alla Cop29 sia dagli osservatori. Le critiche riguardano la mancanza di discussione politica sui testi, l’assenza di regole definitive e la possibilità che crediti di bassa qualità vengano accettati, minando l’efficacia del mercato nel combattere il cambiamento climatico.
FAQ – Domande frequenti
1. Cos’è la Cop29 e quando si terrà?
La Cop29 è la 29° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Baku, Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre 2024. Questo summit è un’importante occasione per discutere soluzioni globali alla crisi climatica, con un focus particolare sulla finanza per il clima, mitigazione e adattamento.
2. Qual è l’argomento principale della Cop29 di Baku?
Il tema centrale della Cop29 è la finanza climatica, con l’obiettivo di definire un nuovo accordo globale per il finanziamento delle azioni contro il cambiamento climatico post-2025. I negoziati si concentrano sull’aggiornamento dell’obiettivo di 100 miliardi di dollari all’anno e sul rafforzamento dei meccanismi di finanziamento per i paesi in via di sviluppo.
3. Perché è importante la finanza climatica alla Cop29?
La finanza climatica è cruciale per supportare i paesi in via di sviluppo nella transizione verso economie a basse emissioni e nell’adattamento agli impatti del cambiamento climatico. Alla Cop29, i paesi si impegnano a mobilitare risorse finanziarie per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, inclusa la definizione di un nuovo obiettivo di finanziamento globale.
4. Chi partecipa alla Cop29?
Alla Cop29 partecipano i delegati di 198 paesi membri dell’Unfccc, tra cui rappresentanti governativi, tecnici e esperti. Nonostante l’assenza di leader mondiali come Joe Biden e Xi Jinping, le decisioni prese durante il summit influenzeranno significativamente le politiche climatiche globali.
5. Perché l’assenza di leader mondiali come Biden e Macron è importante?
L’assenza di leader di paesi chiave come gli Stati Uniti e la Francia potrebbe influire sulla capacità di raggiungere un accordo ambizioso sulla finanza climatica e sulle misure di mitigazione. L’assenza di questi leader riduce il potenziale di aumentare i fondi necessari per combattere il cambiamento climatico a livello globale.
6. Che cos’è il Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG)?
Il NCQG è un nuovo quadro di finanziamento climatico che deve essere definito alla Cop29 per il periodo post-2025. Il suo scopo è stabilire un obiettivo finanziario globale per sostenere le azioni di mitigazione e adattamento nei paesi più vulnerabili, con stime che vanno dai 1.000 ai 2.400 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.
7. Quali sono i principali temi discussi alla Cop29?
Alla Cop29 si discutono temi cruciali come la finanza climatica, l’adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione delle emissioni e il rafforzamento dei mercati del carbonio. Particolare attenzione è rivolta al finanziamento per le perdite e i danni (Loss & Damage) e alla definizione dei nuovi Contributi Nazionali Volontari (NDC).
8. Cosa prevede il fondo per le Perdite e i Danni (Loss & Damage)?
Il fondo Loss & Damage è destinato a finanziare i paesi vulnerabili che subiscono danni gravi a causa degli impatti del cambiamento climatico, come eventi climatici estremi. Sebbene sia stato istituito alla Cop27, alla Cop29 si discuterà come renderlo operativo, con particolare attenzione alla raccolta dei fondi necessari.
9. Quali sono le principali sfide della Cop29?
Le principali sfide della Cop29 includono l’assenza di leader mondiali chiave, le divergenze tra paesi sviluppati e in via di sviluppo sulle risorse finanziarie e l’equità nel finanziamento delle azioni climatiche. Inoltre, le discussioni sulle modalità di finanziamento per l’adattamento e la mitigazione, e la gestione dei fondi per le perdite e danni, sono punti critici.