Si aprono oggi le 2 settimane di negoziati internazionali sul clima a Baku, in Azerbaijan. Fino al 22 novembre, 195 cercheranno accordi sui molti dossier in agenda. A partire da quelli legati ai finanziamenti per il clima. Molti i leader assenti. E sulla Cop29 si allunga l’ombra della nuova presidenza Trump
“Sbarazziamoci di qualsiasi idea che la finanza per il clima sia beneficenza. Un nuovo, ambizioso obiettivo di finanza per il clima è del tutto nell’interesse di ogni singola nazione, comprese le più grandi e ricche”. La frase con cui Simon Stiell, il segretario dell’Unfccc, ha aperto oggi, 11 novembre, il summit sul clima di Baku, sintetizza la posta in gioco alla Cop29 in Azerbaijan.
Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha rincarato la dose inaugurando i lavori del summit sul clima di Baku: “Perderà chi nega la fine dell’era dei combustibili fossili” perché “le soluzioni non sono mai state più economiche e accessibili”. Per il presidente azero della Cop29, Mukhtar Babayev, il summit di Baku è “un momento di verità per l’Accordo di Parigi”.
I delegati accreditati alla conferenza sul clima Cop29 sono circa 51mila, tra cui molti rappresentanti di ong e della società civile. Diverse ong contestano che il vertice sul clima si svolga nuovamente in un paese molto legato alle fossili come l’Azerbaijan, in modo analogo a quanto successo con la Cop28 negli Emirati Arabi Uniti.
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Lo scenario in cui si svolge la Cop29 di Baku
Il summit in Azerbaijan ha lo scopo di continuare a tenere a portata di mano l’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi, cioè limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto all’era pre-industriale. Un obiettivo che sta per sfuggirci.
Nel 2023 le emissioni globali sono cresciute dell’1,3%, mentre dovrebbero scendere del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 per avere qualche chance di non sforare Parigi. L’ultimo Emissions Gap Report dell’Unep ha detto che rispettare Parigi è ancora “tecnicamente fattibile”, ma ha anche chiarito che servono azioni immediate e un’inversione di rotta davvero drastica. In termini di riduzioni delle emissioni, da adesso al 2030 bisogna tagliare ogni anno i gas serra del 7%.
A Baku si ripartirà dai risultati raggiunti un anno fa alla Cop28 di Dubai. Il vertice negli Emirati, nel 2023, aveva stabilito per la prima volta la necessità di una “transizione dalle fossili” (“transitioning away from fossil fuels”) e pattuito alcuni obiettivi globali al 2030 come triplicare la capacità installata di rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica. L’impegno sulle fossili, però, resta ambiguo: è meno vincolante di un “abbandono progressivo” (phase out), ed è anche più vago di una “riduzione progressiva” (phase down), entrambi termini che erano stati proposti durante i negoziati a Dubai.
Il programma della Cop29
Come di consueto, anche la conferenza sul clima di Baku ha un programma suddiviso in giornate tematiche. Mentre i vari filoni negoziali procedono in parallelo a livello tecnico, ogni giornata è dedicata a un tema specifico. L’agenda viene decisa dalla presidenza di turno della Cop, in questo caso l’Azerbaijan, e serve per catalizzare l’attenzione e l’azione dei paesi su temi specifici.
Questo è il programma generale della Cop29 Clima di Baku (11-22 novembre 2024):
- Lunedì 11 novembre: apertura della conferenza.
- Martedì 12 e mercoledì 13 novembre: World Leaders Climate Action Summit, con discussioni sulle azioni concrete per il clima da parte dei leader mondiali.
- Giovedì 14 novembre: focus su finanza, investimenti e commercio.
- Venerdì 15 novembre: temi di energia, pace, soccorso e ripresa.
- Sabato 16 novembre: dedicato a scienza, tecnologia, innovazione e digitalizzazione.
- Lunedì 18 novembre: capitale umano, giovani, salute ed educazione.
- Martedì 19 novembre: cibo, agricoltura e acqua.
- Mercoledì 20 novembre: urbanizzazione, trasporto e turismo.
- Giovedì 21 novembre: natura e biodiversità, popoli indigeni, parità di genere, oceani e zone costiere.
- Venerdì 22 novembre: giornata finale con le negoziazioni conclusive. Se necessario, i negoziati per la dichiarazione finale possono proseguire nel fine settimana.
La finanza per il clima
L’argomento più importante di questa edizione del vertice internazionale sul clima è quello dei finanziamenti che i paesi più ricchi devono garantire a quelli più poveri per poter affrontare l’impatto del cambiamento climatico. Oggi la cifra è di 100 miliardi di dollari l’anno, che i paesi in via di sviluppo vorrebbero alzare almeno a 1.000 mld $ l’anno a partire dal 2035.
I negoziati su questo tema si scontrano con le difficoltà consuete di trovare un accordo su chi deve pagare, quanto, e con che criteri: bisogna definire il cosiddetto Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato (NCQG). A Baku si parlerà anche di finanziamenti ai paesi più vulnerabili per ripartire dopo i disastri climatici (il meccanismo su Perdite e Danni, in gergo Loss & Damage). Bisogna poi trovare la quadra sulla parte di finanza che viene destinata a interventi per migliorare l’adattamento al cambiamento climatico.
Ma sulla capitale del paese caucasico adesso si allunga anche l’ombra dell’elezione di Donald Trump. Il messaggio di Stiell parla anche agli Stati Uniti, quando sottolinea che un accordo è nell’interesse anche delle grandi potenze.
Come inciderà l’elezione di Donald Trump sulla Cop29 in Azerbaijan?
Nel 2016, durante la campagna elettorale contro Hillary Clinton, il tycoon promise di far uscire gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, che era stato raggiunto pochi mesi prima, nel novembre 2015, alla Cop21. Trump ci riuscì nel 2020, poco prima di lasciare la Casa Bianca.
L’impegno del 2° inquinatore mondiale nella diplomazia climatica è inevitabilmente uno dei fattori decisivi per ottenere accordi efficaci. Senza gli Stati Uniti (o senza la Cina, il 1° inquinatore mondiale), l’azione globale contro il climate change sarebbe meno incisiva.
Quest’anno, durante la sua campagna elettorale, Donald Trump ha di nuovo promesso di far uscire gli Stati Uniti dal Paris Agreement. Non solo: ha anche ipotizzato di abbandonare l’Unfccc, La Convenzione quadro dell’Onu sul cambiamento climatico. L’Unfccc è l’organo delle Nazioni Unite che coordina e gestisce l’intero processo dei negoziati sul clima e conta circa 200 membri (quasi tutti gli Stati).
Secondo il Wall Street Journal, che ha sentito dei funzionari vicini a Trump, il nuovo presidente eletto avrebbe già preparato un ordine esecutivo per abbandonare l’Accordo di Parigi e sarebbe pronto a firmarlo durante il 1° giorno di insediamento, il 20 gennaio 2025. L’addio diventerebbe definitivo dopo 1 anno.
Nel frattempo, Trump potrebbe già ignorare gli impegni sul clima presi da Biden e rifiutarsi di presentare nuovi obiettivi climatici aggiornati. Gli obiettivi di Parigi, infatti, non sono legalmente vincolanti. Se ciò avvenisse, anche altri paesi frenerebbero alcune politiche sul clima per evitare di essere danneggiati dalla competizione con Washington.
I leader disertano il summit sul clima di Baku
Oltre alle incognite sulle intenzioni di Trump, la Cop29 in Azerbaijan deve fare i conti con la scarsa partecipazione dei leader mondiali.
A Baku non arriverà Joe Biden, così come non si vedrà Vladimir Putin. L’Europa non sarà rappresentata da Ursula von der Leyen, ancora impegnata nel far ingranare la nuova Commissione. E non ci saranno neppure i leader di Francia e Germania, Emmanuel Macron e Olaf Scholz. A Baku mancherà anche Luiz Inacio Lula da Silva: il presidente del Brasile, che ospiterà la Cop30 l’anno prossimo, ha cancellato da tempo il viaggio dopo un infortunio. Non voleranno in Azerbaijan nemmeno il presidente dell’India, Narendra Modi, e il presidente cinese Xi Jinping. Circa 100 leader (su 195) hanno fatto sapere che parteciperanno. Altri leader assenti: Anthony Albanese (Australia), Dick Schoof (Paesi Bassi), Justin Trudeau (Canada), Cyril Ramaphosa (Sudafrica).
La partecipazione dei leader è importante per sbloccare i dossier più spinosi. Spesso, sono i negoziati diretti tra i vertici politici a sbrogliare la matassa di settimane e mesi di negoziati tecnici. Chi rappresenta i paesi – politici di rango inferiore o funzionari – potrebbero spesso non avere l’autorità necessaria per prendere decisioni coraggiose. Tutto ciò si traduce in meno flessibilità durante i negoziati da parte di molte delegazioni nazionali.
Ci sono poi dei casi estremi, come quello di Papua Nuova Guinea. Il paese insulare dell’Oceania ha deciso di non partecipare più alla Cop29 in Azerbaijan, definendola “una perdita di tempo”. Senza decisioni incisive oggi, il riscaldamento globale farà alzare il livello dei mari di diverse decine di centimetri entro il 2100, condannando alcune nazioni insulari del Pacifico a scomparire o diventare in gran parte inabitabili.
Giorgia Meloni dovrebbe arrivare alla conferenza sul clima Cop29 mercoledì 13 novembre.
Il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre: nuovo record di riscaldamento globale
Per molti, la Cop29 è una delle ultime occasioni a disposizione per mantenere la temperatura del Pianeta sotto la soglia di 1,5°C di riscaldamento globale. Pochi giorni prima dell’inizio della conferenza sul clima, il sistema europeo Copernicus ha dichiarato che il 2024 è virtualmente già l’anno più caldo della storia e sarà il 1° anno a superare quota 1,5 gradi.
Per sforare 1,5 gradi ai sensi dell’Accordo di Parigi, il limite dev’essere superato come anomalia della temperatura media negli ultimi 30 anni. Attualmente siamo a circa +1,3°C rispetto all’era pre-industriale (1850-1900).
Lo ha ricordato anche l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (Omm) per voce della sua segretaria generale, Celeste Saulo. Aprendo i lavori della Cop29 Clima a Baku, Saulo ha sottolineato che la soglia di 1,5°C non è stata ancora superata, anche se gli obiettivi di Parigi sono gravemente a rischio.