Sette giorni su dieci solo per mettersi d’accordo sull’agenda. I negoziati sul clima sono ormai ostaggio di vecchie tensioni geopolitiche
Stallo alla messicana per la Conferenza sui cambiamenti climatici di Bonn. Paesi petroliferi e Cina remano contro la mitigazione, l’Occidente contro la finanza climatica
(Rinnovabili.it) – Con queste premesse, la COP28 rischia di naufragare senza nemmeno salpare dal porto. La crisi del sistema multilaterale di negoziati sul clima è sempre più evidente osservando i risultati della Conferenza sui cambiamenti climatici di Bonn, terminate venerdì scorso. Per due settimane si sono riuniti in Germania gli organi sussidiari dell’Unfccc con l’obiettivo di approfondire dal lato tecnico i risultati raggiunti nel 2022 dalla Cop27 a Sharm el-Sheikh. Preprando il terreno alla Cop28 che si terrà in autunno negli Emirati Arabi Uniti.
Ma i nodi dell’applicazione pratica dell’Accordo di Parigi stanno venendo al pettine uno dopo l’altro, con il processo di implementazione in completo stallo. Le cause principali sono le posizioni distanti fra paesi e la scarsa credibilità di un presidente della COP, Sultan Al Jaber, che è anche amministratore delegato di una delle principali compagnie petrolifere del mondo.
Così, i dieci giorni di trattative al World Conference Center di Bonn sono stati impiegati quasi tutti per mettersi d’accordo sull’agenda dei lavori. Una dinamica stucchevole che ha visto l’Unione Europea, sostenuta da altri paesi occidentali, latinoamericani e AOSIS, aggiungere un punto all’ordine del giorno sulla mitigazione. L’idea era fare progressi nei tagli alle emissioni. Ma questo ha provocato il risentimento dei paesi emergenti e di quelli petroliferi. Cina, India e Arabia Saudita hanno avanzato la richiesta che, come contropartita, un altro punto all’odg venisse approvato: la finanza per il clima. Come a dire: se volete discutere di mitigazione, allora dobbiamo ragionare su come ci aiuterete a finanziarla.
Si arena il dialogo tra potenze globali
Alla Conferenza sui cambiamenti climatici di Bonn si rinnovata quindi l’ennesima diatriba che guida ogni negoziato da quando, negli anni Novanta, è stato approvato il meccanismo delle responsabilità comuni ma differenziate.
Nessuno sta mantenendo le sue promesse, e il negoziato climatico sta diventando l’arena su cui si trasferiscono partite geopolitiche più ampie. La Cina da un lato, che vuole estendere la sua influenza economica sul pianeta, le potenze occidentali dall’altro, che vogliono conservare le rendite di posizione e limitare l’espansione di Pechino. Così, se da un lato i paesi BRICS e quelli petroliferi bloccano ogni tentativo di fissare un termine per l’eliminazione dei combustibili fossili, dall’altro è palese il fallimento delle nazioni ricche rispetto all’ impegno di fornire 100 miliardi di dollari l’anno in finanziamenti per il clima ai paesi in via di sviluppo entro il 2020.
Così, le aspettative per un buon risultato della COP28, in programma a Dubai tra cinque mesi, si abbassano ulteriormente.