Uno studio pubblicato su Nature individua i 5 principali fattori di stress per l’ecosistema amazzonico, stabilisce le “soglie sicure” per ciascuno di essi, e analizza il loro effetto composto a livello locale, regionale ed ecosistemico. Entro il 2050, tra il 10 e il 47% della foresta potrebbe essere sull’orlo di un punto di non ritorno
Il collasso dell’Amazzonia è uno dei principali tipping point del sistema climatico del Pianeta
(Rinnovabili.it) – Nel 2050, fino a metà della foresta pluviale più grande al mondo potrebbe scomparire lasciando il posto a una prateria tropicale. Un mix di fattori di stress concomitanti può innescare il collasso dell’Amazzonia, spingendola al di là del punto di non ritorno: dall’aumento delle temperature alle siccità estreme come quella in corso, dalla deforestazione alla moltiplicazione dei grandi incendi.
Una nuova previsione sul collasso dell’Amazzonia
Quello del tipping point dell’Amazzonia è un tema su cui si concentrano da tempo gli scienziati del clima. Una trasformazione radicale e inarrestabile di questo ecosistema, infatti, avrebbe effetti globali e potrebbe innescare altri punti di non ritorno. A sua volta, la stabilità del sistema amazzonico può essere modificata da eventi come il rallentamento significativo della circolazione meridiana atlantica (AMOC), che secondo alcuni studi recenti potrebbe verificarsi già durante gli anni ’50 di questo secolo.
“L’Amazzonia sud-orientale si è già trasformata da deposito di carbonio a fonte, il che significa che l’attuale livello di pressione umana è troppo elevato perché la regione possa mantenere il suo status di foresta pluviale a lungo termine”, spiega Boris Sakschewski del PIK, co-autore dello studio pubblicato il 14 febbraio su Nature. Ma il degrado della foresta in un settore ha impatti anche sul resto dell’ecosistema. “Poiché le foreste pluviali arricchiscono l’aria con molta umidità che costituisce la base delle precipitazioni nell’ovest e nel sud del continente, la perdita di foresta in un luogo può portare alla perdita di foresta in un altro in un circolo vizioso di feedback autopropulsivo”, continua lo scienziato.
Uno scenario che gli autori dello studio hanno confermato analizzando l’effetto composito dei principali fattori di stress sull’ecosistema amazzonico. Per ciascuno di essi hanno individuato dei “punti di non ritorno” superati i quali si innesca un cambiamento irreversibile dell’Amazzonia su scala locale, regionale o per l’intero ecosistema. Combinando i dati sulla distribuzione spaziale di questi fattori, lo studio stima che entro metà secolo dal 10 al 47% della foresta potrebbe essere interessata da più fattori di disturbo, il cui impatto complessivo potrebbe scatenare “transizioni inaspettate dell’ecosistema”.
Quali sono i fattori che potrebbero portare al collasso dell’Amazzonia? Lo studio analizza riscaldamento globale, quantità di precipitazioni annuali, intensità della stagionalità delle precipitazioni, durata della stagione secca e deforestazione accumulata. Per ciascun fattore individua delle “soglie sicure” da non oltrepassare. “Abbiamo scoperto, ad esempio, che per precipitazioni medie annue inferiori a 1.000 mm all’anno, la foresta amazzonica non può esistere. Tuttavia, al di sotto di 1.800 mm all’anno, diventano possibili transizioni brusche dalla foresta pluviale a una vegetazione simile alla savana. Ciò può essere innescato da siccità individuali o dagli incendi boschivi, che negli ultimi anni sono diventati più frequenti e più gravi”, spiega Da Nian del PIK, un altro co-autore dello studio.