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L’effetto domino che anticipa il collasso degli ecosistemi

Collasso degli ecosistemi: avverrà il 38-81% prima del previsto
Foto di Bradyn Trollip su Unsplash

Lo studio è pubblicato su Nature Sustainability

(Rinnovabili.it) – Un effetto domino che può cambiare radicalmente il Pianeta e le società umane nell’arco di poche decine di anni. E molto prima di quanto si pensi. È questo lo scenario ipotizzato da uno studio sul collasso degli ecosistemi che analizza sia i fattori di innesco del degrado sia le interazioni e i meccanismi di rafforzamento tra un collasso e l’altro.

Normalmente, lo studio dei tipping point, cioè di quei punti di non ritorno che, se superati, provocano un cambiamento irreversibile di un ecosistema, analizza un singolo ecosistema e tiene in considerazione i fattori che lo influenzano direttamente. E in genere il momento del possibile collasso è fissato nella seconda metà del 21° secolo. Sono invece pochi i lavori che, come quello appena pubblicato su Nature Sustainability, cercano di fare luce sulle interazioni tra diversi tipping point.

“L’accelerazione dei livelli di stress, l’aumento della frequenza degli eventi estremi e il rafforzamento delle connessioni intersistemiche suggeriscono che gli approcci di modellazione convenzionali, basati su variazioni incrementali di un singolo stress, possono fornire stime insufficienti dell’impatto del clima e delle attività umane sugli ecosistemi”, scrivono gli autori.

Come accelera il collasso degli ecosistemi

Per andare oltre i limiti di questo approccio, il team di ricercatori ha usato 4 modelli per simulare cambiamenti radicali in 4 ecosistemi differenti (pescato della laguna di Chilika, comunità dell’Isola di Pasqua, deperimento delle foreste e qualità dell’acqua lacustre). Il collasso degli ecosistemi, concludono gli autori, si verifica prima con livelli crescenti di stress primario, ma “ulteriori stress e/o l’inclusione di rumore in tutti e quattro i modelli” – se cioè si tiene conto delle potenziali interazioni tra tipping point – “portano i crolli sostanzialmente più vicini a quelli odierni di circa il 38-81%.

Un altro fattore da tenere in considerazione – finora piuttosto sottovalutato – è il tasso di cambiamento a cui sono esposti gli ecosistemi. Più la variazione del tasso è pronunciata, meno gli ecosistemi sono in grado di rispondere. “I nostri risultati dimostrano che i sistemi non collassano a un livello costante di stress cumulativo (cioè lo stress totale accumulato nel tempo) indipendentemente dal tasso di variazione dello stress, ma piuttosto sottolineano l’importanza del tasso rispetto allo stress accumulato”, concludono gli autori.

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