Il Climate Adaptation Summit di quest’anno è ospitato online dall’Olanda
(Rinnovabili.it) – Piani concreti e soluzioni pratiche per combattere il cambiamento climatico nei prossimi 10 anni. E’ l’obiettivo del Climate Adaptation Summit che quest’anno viene “ospitato” online dall’Olanda. Nella due giorni di incontri (virtuali) internazionali che si apre oggi, sotto l’egida dell’Onu, i paesi partecipanti dovranno spiegare come pensano di mettere in campo le misure di adattamento necessarie per far fronte al climate change. Come spesso accade nell’ambito della diplomazia climatica, però, annunci e promesse non avranno carattere vincolante. L’incontro dovrebbe comunque essere utile per misurare il livello di ambizione, anche in vista degli altri appuntamenti in calendario nei prossimi mesi come la COP26 di Glasgow.
L’urgenza del Climate Adaptation Summit
“Non esiste un vaccino per il cambiamento climatico”. Con queste parole l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, adesso presidente del Global Center on Adaptation (GCA) che organizza il Climate Adaptation Summit, spiega l’importanza di collaborare a livello mondiale per contenere gli effetti del cambiamento climatico. “Sta accadendo molto, molto più velocemente di quanto pensiamo”, continua l’ex numero 1 del Palazzo di Vetro. Due fenomeni sotto i riflettori aiutano a capire perché agire è urgente. Il cambiamento climatico, stima il GCA, potrebbe far crollare la produzione alimentare globale del 30%. Tutto questo mentre l’innalzamento dei mari e la maggior frequenza dei cicloni potrebbe costringere centinaia di milioni di abitanti delle zone costiere a lasciare le loro case.
Giudizio condiviso da più di 3.000 scienziati da tutto il mondo, che alla vigilia dell’incontro hanno rilasciato un comunicato per aumentare la pressione sulla politica affinché agisca. “Il nostro mondo in rapido riscaldamento sta già subendo gravi problemi dovuti a siccità più intense, incendi, ondate di calore, inondazioni, cicloni tropicali distruttivi e altri eventi climatici estremi”, si legge nella nota. Se non potenziamo ora la nostra capacità globale di adattamento, gli scienziati prevedono “un aumento della povertà, della scarsità d’acqua, delle perdite agricole e dei crescenti livelli di migrazione”. E tutto questo comporterà anche “un conto enorme in termini di vite umane”.
Come si muove l’Europa
La Gran Bretagna, che a novembre ospiterà la COP26, ha già annunciato un’iniziativa che presenterà nei dettagli al Climate Adaptation Summit. Londra darà vita a una Adaptation Action Coalition. Insieme a paesi come Egitto, Bangladesh, Malawi, Saint Lucia e l’Olanda, il governo britannico promuoverà misure per aumentare la resilienza al climate change, come ad esempio sistemi di allerta per le tempeste e investimenti in colture più resistenti alla siccità.
I paesi europei si muoveranno come un blocco unico. La misura che Bruxelles annuncerà è un phase out globale dei combustibili fossili. “La diplomazia energetica dell’UE scoraggerà tutti gli ulteriori investimenti in progetti di infrastrutture energetiche basate sui combustibili fossili nei paesi terzi, a meno che non siano pienamente coerenti con un percorso ambizioso e chiaramente definito verso la neutralità climatica”, si legge nella bozza di conclusioni dell’intervento della diplomazia europea. L’Unione Europea si impegnerà anche ad allineare ai suoi livelli di ambizione climatica anche gli accordi commerciali che stipulerà e gli aiuti allo sviluppo, oltre a passare al setaccio gli investimenti esteri per valutarne le credenziali verdi. E Bruxelles si impegna a fare la sua parte per raggiungere gli obiettivi (sistematicamente disattesi) quanto a finanza climatica.
Ma il punto più innovativo, e forse anche più importante, è un altro. Il rispetto dell’accordo di Parigi dovrebbe diventare “un elemento essenziale per ogni futuro accordo commerciale”. In pratica, l’UE si impegna a replicare a tappeto quanto già fatto, per la prima volta, con l’accordo sulla Brexit raggiunto la scorsa vigilia di Natale.
Aspettando Biden (e Kerry)
Uno dei punti più interessanti del summit sarà l’intervento degli Stati Uniti. Washington è fresca di ritorno nell’accordo di Parigi e l’incontro sarà il primo palcoscenico internazionale su cui la nuova amministrazione può misurare l’ambizione climatica. John Kerry, inviato speciale per il clima del presidente Biden, dovrà dimostrare di essere all’altezza. Nei giorni e nelle settimane passate Kerry ha provato a recuperare il tempo perduto sotto Trump.
Da un lato parlando con le controparti europee per cercare una nuova sintonia. L’Europa, inevitabilmente, tende la mano ma fa capire che gli USA sono in difetto e devono mettere sul piatto azioni concrete oltre alle parole. Kerry dal canto suo ha provato a limare le spigolosità, riconoscendo di dover tornare nella diplomazia climatica internazionale “con umiltà” ma rivendicando anche i progressi ininterrotti in fatto di clima da parte dei singoli Stati americani, nonostante il quadriennio Trump.
Dall’altro lato, Kerry non ha perso tempo per intrecciare le lame con la Cina, anche sul clima. L’inviato di Biden ha già dichiarato che l’impegno di Pechino per la neutralità climatica al 2060 non è abbastanza ambizioso (Biden ha promesso di fissare l’obiettivo al 2050, ma al momento non è stato deciso ancora nulla ufficialmente). Parole che fanno intuire quanto l’azione climatica sia una delle direttrici su cui Washington vuole ingaggiare il gigante cinese.