di Tommaso Tetro
(Rinnovabili.it) – Una fotografia della distribuzione spaziale delle temperature estive e invernali del periodo compreso tra il 2016 e il 2019 nel bacino di Milano. È questo il risultato del secondo anno del progetto ClimaMi – Climatologia per le attività professionali e l’adattamento ai cambiamenti climatici urbani nel milanese, promosso da Fondazione Omd (Osservatorio meteorologico Milano duomo) in collaborazione con Fondazione Lombardia per l’ambiente, Fondazione ordine degli ingegneri della provincia di Milano e Fondazione ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Milano, e cofinanziato da Fondazione Cariplo. Inoltre con l’Atlante climatico delle temperature dell’aria – che da oggi è possibile consultare su progettoclimami.it/atalante – sono stati mappati i fenomeni termici estremi per progettare meglio e in modo più resiliente. Si tratta di dati e analisi che, incrociate con altri come la densità di popolazione e l’uso del suolo, possono infatti aiutare chi si occupa di progettazione e gestione del territorio a realizzare città più sostenibili.
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L’area geografica presa in considerazione dall’Atlante si estende dai confini nord della provincia di Monza e Brianza a sud del comune di Pavia, fino al fiume Po; dai confini occidentali della Città Metropolitana di Milano e del Vigevanese fino a quelli orientali della stessa Città Metropolitana e del Lodigiano. E’ possibile scoprire cosi l’isola di calore, determinata dalle caratteristiche fisiche e di densità dell’area urbanizzata, può assumere configurazioni diverse a seconda del verificarsi e del persistere di certe situazioni meteorologiche come alta pressione e scarsa ventilazione. La città più colpita – viene spiegato – è “indubbiamente Milano, ma i centri medi e piccoli come Pavia e Lodi non vengono risparmiati”.
Per quanto riguarda il capoluogo della Lombardia “il fenomeno, pur interessando nella maggior parte dei casi il centro, può concentrarsi anche sulle zone nord-occidentali e nord-orientali dell’urbanizzato. In estate, per esempio, il 61% delle situazioni serali, alle 22.00, di isola di calore considerate è risultato più intenso sulle aree centrali della città, il 21% si è espanso verso nord-ovest e il 18% verso nord-est. Diversa la situazione alla stessa ora in inverno, quando ben l’81% degli episodi si è verificato in centro e il 19% seguendo la direttiva orientale. La distribuzione degli episodi verificatisi invece alle 11.00 del mattino in inverno è 65% in centro, 19% verso nord-est e 16% in direzione ovest, mentre allo stesso orario in estate l’isola di calore non si verifica. I due orari considerati corrispondono ai due momenti della giornata (all’interno delle più ampie fasce 10.00-12.00 e 21.00-23.00) in cui la differenza tra temperatura urbana ed extra-urbana è significativa”.
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Nell’Atlante vengono delineate anche tre tipologie di ondate di calore in base a dove si verificano i valori massimi di temperatura all’interno del bacino interessato dall’evento estremo, comprendente Milano e i centri limitrofi. Anche per questo tipo di fenomeno il centro di Milano è “l’area più colpita: è lì che si è infatti registrato il picco di temperatura nel 75% degli episodi considerati se si prendono in considerazioni i valori rilevati alle 22.00, e nell’84% se si guarda invece ai dati delle 11.00”.
Questo Atlante si aggiunge al database climatologico, la mappatura dei fenomeni meteorologici a Milano e in altri 12 comuni lombardi nel periodo tra il 2012 e il 2018, realizzata nel corso del primo anno del progetto ClimaMi. E entra a far parte del nuovo Strumento informativo sul clima urbano (Si-cu) rivolto a tutti quelli che operano nell’ambito dell’energia, dell’urbanistica, delle costruzioni, della salute pubblica: cioè “categorie professionali che con il loro lavoro possono impattare in maniera significativa sull’adattamento al cambiamento climatico e sulla mitigazione dei suoi effetti più negativi nelle città, come le ondate di calore estive e le precipitazioni brevi e molto intense”. Il progetto ClimaMi punta a offrire un modello di climatologia urbana replicabile e facilmente esportabile anche in altri contesti cittadini.