Il governo UK presenta la revisione a 360° delle politiche nazionali dopo il divorzio dall’UE. Il clima è indicato come chiave di volta. Ma le decisioni degli ultimi mesi vanno in un’altra direzione
Johnson promette sul clima ma viene ricoperto di critiche in patria
(Rinnovabili.it) – Quando la Gran Bretagna post-Brexit pensa al suo nuovo ruolo sul palcoscenico internazionale deve avere il clima come priorità assoluta. Boris Johnson dà il via libera alla prima, grande revisione complessiva delle politiche britanniche dopo l’addio all’Europa. Con un occhio alla COP26 di Glasgow di novembre prossimo e l’altro ai vantaggi che il paese può ottenere dalla leadership nella diplomazia climatica. Ma la narrazione del premier britannico è stata immediatamente subissata da un coro di “ipocrita!”.
Le critiche interne ai sogni di gloria di BoJo sono state a dir poco caustiche. Il premier che ha traghettato Londra lontano da Bruxelles in questi mesi ha preso una serie di decisioni molto contestate, che non sembrano assolutamente in linea con una posizione di principio sul clima così netta come quella espressa nella policy review integrata.
Leggi anche Londra cede, stop alla miniera di carbone della discordia
Da settimane al di là della Manica infuria la polemica sulla decisione di Downing Street di dare luce verde a una nuova miniera di carbone in Cumbria. Il coke estratto alimenterebbe la produzione di acciaio e il sito avrebbe un orizzonte di vita almeno fino al 2049. Altro che phase out del carbone e addio alle fossili, quindi. Altra polemica: il taglio drastico agli aiuti internazionali. Londra ha sforbiciato all’impazzata per attutire il doppio colpo della Brexit e della pandemia. Diminuendo il supporto per mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo, uno dei cardini dell’azione climatica globale.
E ancora: nuovi piani per centrali a gas, chilometri e chilometri di nuove strade, giù le tasse sui voli, aiuto all’elezione dell’australiano Mathias Cormann amante del carbone al vertice dell’Ocse. E nella finanziaria c’è poco o nulla di verde, con buona pace dei proclami di pochi mesi fa.
Leggi anche Eolico, EV e CCS, ecco il piano di Londra per la ripresa verde
Facile immaginare la reazione da parte di organizzazioni ambientaliste e attivisti per il clima. “Il sostegno politico e finanziario a carbone, petrolio e gas deve cessare, in patria e a livello internazionale, prima che il Regno Unito possa congratularsi con se stesso per essere un leader climatico”, sentenzia Rachel Kennerley, attivista per il clima a Friends of the Earth, riassumendo quello che in molti stanno rimproverando a Londra.