di Mariagrazia Midulla – Responsabile Clima Energia, WWF Italia
(Rinnovabili.it) – Le associazioni mediche e degli operatori della salute del Regno Unito sono state tra le prime ad annunciare azioni di disinvestimento dai combustibili fossili dei propri fondi pensione, unendosi nella UK Health Alliance on Climate Change. In testa all’iniziativa, il direttore esecutivo e il direttore editoriale del prestigioso British Medical Journal. Il direttore di un’altra delle più prestigiose riviste mediche del mondo, The Lancet, ha pubblicamente incoraggiato tutti i professionisti della salute a impegnarsi in una protesta non violenta per affrontare il cambiamento climatico.
A cosa dobbiamo tutto questo attivismo? Al fatto che i professionisti della salute conoscono bene la minaccia e sanno che la decarbonizzazione non solo porterà vantaggi diretti nella prevenzione di aumenti esponenziali di malattie, morte e sofferenze a causa degli impatti del cambiamento climatico, ma indurrà anche molti co-benefici per numerose patologie di origine o concausa ambientale (per esempio, da inquinamento).
Ci sono moltissimi studi che testimoniano che il cambiamento climatico causato dall’uomo può favorire la diffusione di patogeni e l’insorgere di nuove epidemie, influendo fortemente il funzionamento degli ecosistemi e delle specie che veicolano infezioni e altre malattie trasmissibili. Contrastare il cambiamento climatico, decarbonizzare l’economia e tutte le attività umane, favorendo al contempo la conservazione degli ecosistemi integri e restaurando quelli deteriorati dall’uomo, costituisce quindi un approccio lungimirante per tutelare la salute e il benessere delle comunità umane e per prevenire future pandemie. Il WWF Italia ha raccolto alcuni dei dati e studi esistenti in un report appena pubblicato, MALATTIE TRASMISSIBILI E CAMBIAMENTO CLIMATICO – Come la crisi climatica incide su zoonosi e salute umana.
Numerose ricerche indicano che molte zoonosi, le malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo, anche tramite vettori quali zecche e zanzare, sono fortemente influenzati dal cambiamento climatico indotto dall’uomo, attraverso tre meccanismi principali: 1) l’espansione degli areali delle specie serbatoio o vettori, come nel caso di Morbo di Lyme e West Nile Virus; 2) le alterazioni nelle temperature e nel regime delle precipitazioni, che favoriscono ad esempio malaria e Chikungunya; 3) il rilascio di patogeni in aree precedentemente ghiacciate, come nel caso dell’antrace. Occorre sottolineare che questi meccanismi, al momento, non pare stiano invece influenzando la diffusione del CoViD19, favorito invece dal traffico non controllato di specie.
Nel report, gli esperti del WWF si sono soffermati sulle malattie infettive, ma in generale il riscaldamento globale potrebbe rendere alcune aree del pianeta inadatte alla stessa esistenza umana, interferendo per esempio con i sistemi di termoregolazione mediante l’aumento dei giorni di temperatura estrema.
È sempre più evidente, quindi, come la nostra salute e il nostro benessere dipendano strettamente dal nostro rapporto con il pianeta che ci ospita, così come evidenziato da innumerevoli fonti scientifiche. Il nostro destino è strettamente connesso a quello degli ecosistemi, del clima e delle loro complicate ma cruciali relazioni ecologiche.
Proprio mentre il WWF si apprestava a diffondere il report, è giunta la notizia l’inverno appena trascorso è stato il più caldo mai registrato in Europa, in media, 3.4°C più caldo del trentennio 1981-2010. Il 2019 è stato il secondo anno più caldo mai registrato, con un aumento medio della temperatura globale di circa 1,1°C rispetto all’era preindustriale. Dagli anni ‘80, ogni decennio successivo è stato più caldo di tutti i precedenti, a partire dal 1880. La crisi climatica potrebbe farsi risentire molto presto, perché già da febbraio ci sono segni evidenti di una possibile, forte siccità nel nostro Paese. Insomma, per quanto si cerchi di accantonare e non vedere il problema, la crisi climatica è sempre qui, ed è purtroppo destinata ad aggravarsi. Nulla possono le flessioni delle emissioni di CO2 che il lock down in molti Paesi sta portando, o quello futuro per la crisi: una lieve flessione di limitata nel tempo è poco significativa per la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, e la crisi del 2008 ha dimostrato che dopo si torna a emettere come e peggio di prima se non si investe in una strada diversa.
Torniamo alla salute. Il 75% delle malattie infettive umane fino ad oggi conosciute deriva da animali e il 60% delle malattie emergenti è stata trasmessa da animali selvatici. In termini tecnici queste malattie vengono definite zoonosi e ogni anno causano circa 1 miliardo di casi e milioni di morti. Gli effetti diretti o indiretti del cambiamento climatico possono influenzare il rischio di diffusione e trasmissione di queste patologie. Il riscaldamento globale incide significativamente sulle caratteristiche fisiche dell’ambiente in cui le specie si trovano a vivere, sia in termini di variazioni di temperatura sia di disponibilità idrica e di altri fattori, influenzando il metabolismo, la riproduzione, la possibilità di sopravvivenza e, quindi, la distribuzione nel tempo e nello spazio.
Il cambiamento climatico, inoltre, può avere un impatto significativo anche su quelle specie che ospitano patogeni (specie serbatoio) o che li trasportano (specie vettori), e pertanto può influenzare la loro possibilità di infettare altre specie, incluso l’uomo.
Il clima nelle regioni settentrionali sta cambiando più velocemente della media globale, facilitando la diffusione di malattie infettive sensibili al clima (Climate-Sensitive Infections) rilevanti per gli animali selvatici e per l’uomo.
Sono state identificate 37 potenziali malattie infettive clima-sensibili per le regioni del Nord, dalle malattie veicolate da zecche (per esempio il morbo di Lyme e l’encefalite mediata da zecche9, a quelle veicolate da zanzare (per esempio, Dengue, Chikungunya, Zika, febbre).
Le malattie infettive, peraltro, non sono legate solo direttamente alle zoonosi. Si pensi alla scarsità d’acqua dovuta ai prolungati periodi di siccità, che peggiorano le condizioni igieniche, o alla penuria d’acqua potabile dopo un uragano, con l’uso di fonti di approvvigionamento infette.
L’Italia ha attraversato il decennio più caldo della sua storia e la crisi climatica in corso è certamente un rischio per nostra salute. Con l’aumento degli eventi meteorologici estremi, come ondate di calore, piogge intense e allagamenti costieri, arriva anche l’espansione di nuove specie di vettori di malattia, il peggioramento della qualità dell’aria e del rischio incendi, aggravato dalla siccità. Sempre in conseguenza del cambiamento climatico, nel nostro Paese c’è anche la ricomparsa o recrudescenza di agenti infettivi precedentemente endemici (tra i quali il poliovirus, presente in paesi limitrofi, e il bacillo della tubercolosi) e all’arrivo di nuove malattie esotiche trasmissibili, come Dengue, Chikungunya, Zika, Febbre del Congo-Crimea, West Nile Disease.
Negli ultimi anni in diverse regioni italiane si sono verificati focolai di Chikungunya e la presenza dei vettori di questi virus è ormai stabilmente segnalata in molte regioni del Mediterraneo. Un dato significativo è che la capacità di acquisire virus e trasmetterli ad un ospite suscettibile, per esempio i virus responsabili della febbre Dengue da parte della zanzara Aedes albopictus, è aumentata del 50% in quasi 40 anni. Questo vuol dire che l’idoneità climatica per il virus sta aumentando in Italia dove trova un ambiente sempre più adatto per trasmettere la malattia.
In alcune regioni dell’Italia settentrionale sono stati registrati casi di encefalite virale da zecche (TBE, Tick-Borne Encephalitis) mai riscontrati prima in Italia. In varie regioni italiane si sono verificati numerosi casi di meningiti o encefaliti virali. In centro Italia, si è diffuso il poco conosciuto virus Toscana (TOSV), che prende il nome della regione in cui è stato isolato all’inizio degli anni ’70, e viene trasmesso da 2 specie di pappataci (Phlebotomus perniciosus e P. perfiliewi) ed è associato a casi di meningite e di meningoencefalite nell’uomo.
Ma gli effetti avversi del cambiamento climatico in atto possono incidere anche sulla qualità dell’aria, per esempio favorendo la stagnazione della circolazione atmosferica che impedisce agli inquinanti di disperdersi verso l’alto o determinano la formazione di inquinanti secondari, come l’ozono e le polveri fini, aggravando i livelli di inquinamento già troppo elevati, in particolare nei contesti urbani.
L’emergenza da Coronavirus ci ha insegnato che le previsioni più infauste possono avverarsi, se non si agisce presto e bene per prevenirle e gestirle. La minaccia climatica è di gran lunga potenzialmente più distruttiva, ma oggi siamo ancora in grado di evitare gli scenari peggiori.