Uno studio dell’MIT analizza i flussi di CFC rilasciati dalle masse oceaniche
(Rinnovabili.it) – Gli oceani sono uno dei ‘pozzi di carbonio’ più efficaci del pianeta. Da soli assorbono il 25% della CO2 emessa in atmosfera. Il loro ruolo di carbon sink non si ferma però solo all’anidride carbonica, visto che lo stesso meccanismo vale anche per altri gas serra. Ad esempio per i CFC, i clorofluorocarburi che sono tra i maggiori responsabili dell’assottigliamento dello strato di ozono.
Uno studio condotto dai ricercatori dell’MIT rivela che questo trend si sta invertendo. Per almeno un tipo di CFC, il CFC-11 o triclorofluorometano, gli oceani ne stanno rilasciando abbastanza da influire sulle concentrazioni presenti in atmosfera.
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Tendenza che, secondo lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, si dovrebbe consolidare nel giro di mezzo secolo. Entro il 2075, spiegano, le masse oceaniche funzioneranno al contrario: rilasceranno in atmosfera più CFC-11 di quanto ne riescano a sequestrare e diventeranno così a tutti gli effetti dei contributori netti. Le emissioni di CFC-11 dall’oceano estenderanno effettivamente il tempo medio di permanenza della sostanza chimica, facendola rimanere cinque anni più a lungo nell’atmosfera di quanto farebbe altrimenti.
“Entro il 2150, osserveremo un flusso in uscita dall’oceano abbastanza consistente da sembrare che qualcuno stia tradendo il Protocollo di Montreal”, cioè l’accordo internazionale che ha messo al bando i clorofluorocarburi, “ma invece potrebbe essere solo quello che sta arrivando dall’oceano”, spiega Susan Solomon del MIT e co-autrice dello studio. “È una previsione interessante e si spera che aiuterà i futuri ricercatori a evitare di confondersi su quello che sta succedendo”.
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Il cambiamento climatico influirà su questo processo. I ricercatori dell’MIT hanno simulato il comportamento dell’oceano rispetto alle emissioni di CFC-11 in differenti scenari climatici. Generalmente, oceani più freddi tendono ad assorbire una maggiore quantità di cluorofluorocarburi.
Gran parte delle attuali emissioni di CFC-11 provengono probabilmente da materiali o dispositivi (quali ad esempio la schiuma isolante per l’edilizia, vecchi frigoriferi o sistemi di raffreddamento ormai obsoleti) prodotti prima del ritiro globale dei CFC nel 2010.