Rinnovabili

Cattura del carbonio, dalle tecnologie enzimatiche all’uso di rifiuti

cattura del carbonio
via depositphotos.com

Nuovi percorsi ed alleanze per il sequestro della CO2

(Rinnovabili.it) – Negli ultimi anni l’inazione climatica a livello globale ha inevitabilmente promosso le tecnologie di cattura del carbonio, da piano B della decarbonizzazione ad una delle strategie prioritarie. È ormai evidente che, all’attuale ritmo, la sola transizione energetica non sarà in grado di ridurre abbastanza rapidamente i gas serra. Ovviamente gli sforzi globali potrebbero essere catalizzati nell’accelerazione degli obiettivi su rinnovabili ed efficienza, ma sempre più parti caldeggiano il CCS (carbon catpure and storage) e simili. Il recente rapporto “Net Zero 2050” dell’Agenzia internazionale per l’energia indica un obiettivo annuale per il CCS di 7.600 Mt di CO2 entro il 2050, rispetto ai circa 40 Mt attuali.

Leggi anche In funzione Orca, l’impianto cattura CO2 più grande al mondo

Ma questa tecnologia è davvero pronta a fronteggiare la crisi climatica? Nì. La cattura del carbonio ha ancora diverse barriere da superare prima di divenire una soluzione economica, efficiente e diffusa. Ma il settore continua spingere al massimo sulla ricerca e l’innovazione per tagliare i tempi. In Europa lo dimostra ACCSESS, progetto finanziato dal programma Horizon 2020. L’iniziativa, che riunisce 18 partner provenienti da 8 diversi paesi, mira ad applicare un nuovo tipo di sequestro della CO2 ai gas di combustione di diversi impianti industriali.

Il progetto partirà da un’esperienza concreta. Attualmente Fortum Oslo Varme possiede e gestisce il più grande termovalorizzatore della Norvegia, nella periferia di Oslo. La centrale reimpiega il calore in eccesso generato nel processo per fornire teleriscaldamento nella regione. Ma soprattutto è dotato di un piccolo impianto pilota mobile di cattura del carbonio. L’azienda ha reso disponibile tale impianto al progetto ACCSESS che ne modificherà il funzionamento attraverso la tecnologia CCS di Saipem.

Nel dettaglio, la società ha messo a punto un innovativo processo enzimatico, già dimostrato su scala industriale in Canada, che non richiede impiego o immissione di prodotti tossici. Le modifiche saranno testate prima presso lo stabilimento Fortum di Oslo e poi nel Technology Center Mongstad dove è possibile valutare in un’ampia gamma di condizioni operative. Successivamente, saranno effettuate due campagne di test della durata di sei mesi presso uno stabilimento per pasta kraft Stora Enso in Svezia e un forno HeidelbergCement in Polonia.

L’impiego del machine learning nella cattura del carbonio

Arriva invece dall’Asia Pacifico, una nuova ricerca finalizzata ad ottimizzare i carboni porosi per il sequestro della CO2. Un team di ingegneri, provenienti dalla Korea University e dalla National University of Singapore, ha sfruttato l’Intelligenza Artificiale per prevedere l’assorbimento del carbonio in una particolare classe di questi materiali.

Un noto vantaggio dell’utilizzo di carboni porosi nel CCS è che possono essere prodotti da rifiuti di biomassa, come scarti agricoli, avanzi alimentari e detriti forestali. Ciò li rende attraenti non solo per il basso costo, ma anche perché forniscono un modo alternativo per gestire i rifiuti. Al momento, tuttavia, questo campo di studio è relativamente giovane; e non esistono linee guida o consenso chiari tra gli scienziati su come sintetizzarli dagli scarti e con quali caratteristiche. Le diverse proprietà strutturali, la presenza di vari gruppi funzionali e le varie temperature e pressioni a cui sono sottoposti durante l’adsorbimento di CO2 rendono difficile comprenderne il meccanismo.

Il team ha utilizzato un approccio basato sull’apprendimento automatico per mappare la cattura del carbonio rispetto alle diverse proprietà tessiturali (come la dimensione dei pori e l’area superficiale) e compositive. “Il nostro approccio di modellazione – spiegano gli scienziati – può essere utilizzato per studiare altri tipi di carbonio poroso per il CCS, come zeoliti e strutture metallo-organiche, e non solo quelli derivati da rifiuti di biomassa”. Ora il gruppo prevede di elaborare una strategia di sintesi per tali materiali concentrandosi sull’ottimizzazione dei due fattori più importanti: i parametri di adsorbimento e la proprietà tessiturali. la ricerca è stata pubblicata su Environmental Science & Technology.

Exit mobile version