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I record degli ecosistemi di carbonio blu fanno sorridere l’Australia

Carbonio blu: i siti UNESCO dell’Australia sono da record
Foto di nile da Pixabay

La Grande Barriera Corallina il sito di carbonio blu che stocca più CO2

(Rinnovabili.it) – I siti patrimonio dell’umanità dell’Australia sono una delle più grandi riserve di carbonio marino. Un vero e proprio record per gli ecosistemi di carbonio blu, cioè le mangrovie, le aree paludose salmastre e le piante e praterie sottomarine che svolgono un ruolo fondamentale nel contenimento del riscaldamento globale.

In solo tre siti australiani che l’Unesco riconosce come patrimonio dell’umanità è stoccato il 40% della CO2 di tutti i siti protetti dall’agenzia dell’Onu nel mondo. Una quantità di anidride carbonica pari all’incirca a 4 anni di emissioni per l’Australia. Si tratta della porzione della Grande Barriera Corallina del Queensland, della Shark Bay e della costa Ningaloo.

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In tutto, la CO2 stoccata negli oltre 50 ecosistemi a carbonio blu protetti dall’Unesco ammonta a 5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, che equivale a circa il 10% delle emissioni globali con i valori del 2018. All’incirca i volumi prodotti annualmente dall’UE. E la barriera corallina lascia a distanza tutti gli altri siti: da sola riesce a stoccare 1,8 mld di t di CO2. In pratica, da sola compensa le emissioni annuali di un paese come la Russia.

Gli ecosistemi di carbonio blu coprono solo l’1% circa del pianeta, ma sono responsabili di circa la metà della CO2 assorbita dagli oceani. Le stime attuali suggeriscono che queste aree potrebbero assorbire anidride carbonica anche 30 volte più velocemente delle foreste pluviali. Insomma, le mangrovie sono una super-Amazzonia.

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Con un ruolo fondamentale nella mitigazione del riscaldamento globale, che però viene insidiato dagli effetti del cambiamento climatico. “Quando sono sani, gli ecosistemi di carbonio blu sono eccellenti riserve di anidride carbonica, ma se vengono danneggiati, possono rilasciare nell’atmosfera enormi quantità di anidride carbonica immagazzinata per millenni”, spiega Oscar Serrano, tra gli autori del rapporto.

Serrano si è concentrata da tempo su questi aspetti. Dieci anni fa la sua ricerca aveva calcolato l’impatto sul rilascio di carbonio dell’ondata di caldo marino che si era abbattuta su Shark Bay. La moria o la sofferenza di piante marine ha immesso in atmosfera 9 mln di t di CO2e per alcuni anni.

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