Le economie emergenti temono l’istituzione della carbon border tax
(Rinnovabili.it) – Maxim Reshetnikov, ministro russo per lo Sviluppo economico, si fa portavoce delle perplessità di Mosca rispetto all’istituzione di una carbon border tax da parte dell’Unione Europea. Il Cremlino, infatti, sembra essere preoccupato da quelli che gli sembrano essere i tentativi europei di “utilizzare l’agenda sul clima per creare nuove barriere”.
Durante una riunione dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, le nazioni con un’economia in via di sviluppo), Reshetnikov ha segnalato il pericolo di un meccanismo fiscale di adeguamento delle emissioni di carbonio, che avrebbe come unico scopo disincentivare il mercato delle esportazioni. Non a caso, il ministro russo è certo che la carbon border tax non sarà sostenibile secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).
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Non a caso, per l’UE, il nodo da sciogliere riguarda individuare un meccanismo tale che la tassa sul carbonio alla frontiera possa rappresentare un contributo alle politiche climatiche europee rispettando al contempo le regole dell’OMC. Lo strumento fiscale, infatti, sarebbe un duro colpo per tutte le importazioni di prodotti fabbricati in modi insostenibili. Contemporaneamente, rappresenterebbe una maggiore garanzia per il mercato interno europeo.
“È molto importante che tutte le misure adottate per promuovere l’agenda ambientale rispettino rigorosamente le regole dell’OMC, poiché i meccanismi che ora vengono proposti da alcuni dei nostri colleghi, a nostro avviso, violano queste norme“, ha affermato Reshetnikov, riferendosi seppur implicitamente all’UE. Un portavoce della Commissione ha dichiarato ad Euractiv che l’OMC “conferma la legalità di specifiche norme antidumping dell’UE, sollevando nel contempo talune questioni relative alla loro applicazione pratica“.
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Secondo le fonti di Euractiv, ad inizio di quest’anno un importante consigliere del Cremlino ha avvertito i leader della Russia di iniziare ad adattare le loro linee di produzione partendo dal presupposto che nel prossimo futuro sarà in vigore la carbon border tax. Infatti, c’è da dire che l’UE non è l’unica potenza mondiale a ragionare sull’idea di tariffe ecologiche alla frontiera: anche gli Stati Uniti farebbero lo stesso se Joe Biden vincesse le elezioni presidenziali di quest’anno.
La carbon border tax non ha solo lo scopo di permettere all’UE di raggiungere i suoi obiettivi climatici, ma è anche vista come uno strumento per ripagare il debito di 750 miliardi di euro che gli Stati membri del blocco hanno accettato di assumere in occasione del Consiglio della scorsa settimana. Secondo Euractiv, infatti, la Commissione considera la tariffa come parte del paniere di “risorse proprie” dei singoli paesi. Non a caso, l’esecutivo UE ritiene che una tassa alla frontiera potrebbe portare ogni anno tra 5 e 14 miliardi di euro. Un elenco di prodotti su cui applicare la carbon border tax potrebbe includere batterie per auto elettriche e addirittura acciaio.