Durante il picco di gelo gli impianti petrolchimici e le raffinerie hanno aumentato a dismisura il gas flaring per fermare in fretta la produzione e salvare le strutture. Immessi in atmosfera centinaia di tonnellate di benzene, monossido di carbonio, acido solfidrico e anidride solforosa
L’ondata di gelo artico è dovuta al cambiamento climatico che rende instabile il vortice polare
(Rinnovabili.it) – In queste settimane gran parte degli Stati Uniti è sferzata da un’ondata di gelo artico senza precedenti, dietro la quale c’è il cambiamento climatico e le fluttuazioni del vortice polare. Temperature ben sotto lo zero hanno messo in ginocchio anche Stati che si sono fatti trovare del tutto impreparati. Come il Texas, alle cui latitudini di solito il gelo del Polo Nord di solito non arriva. Il risultato è stato un lungo blackout e decine di morti. Ma la lista delle cattive notizie continua ad allungarsi.
Il Texas infatti ha registrato dei picchi importanti di emissioni proprio nei giorni in cui il gelo si stava facendo più intenso. L’origine sono le raffinerie e gli impianti petrolchimici affacciati sulla costa del golfo del Messico. Queste strutture hanno bloccato la produzione in fretta e furia per evitare che il freddo danneggiasse gli impianti. Ma per arrivare allo stop in tempi rapidi hanno aumentato a dismisura pratiche come il gas flaring, che consiste nel bruciare il gas in eccesso che deriva dai processi di lavorazione.
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Di quante emissioni stiamo parlando? Secondo i dati (ancora preliminari) della Texas Commission on Environment Quality, le 5 raffinerie più grandi dello Stato avrebbero immesso in atmosfera circa 150 tonnellate di gas serra e inquinanti, tra cui benzene, monossido di carbonio, acido solfidrico e anidride solforosa. Ma non è tutto. La Exxon, ad esempio, ha dichiarato che dal suo impianto di produzione dell’etilene, il Baytown Olefins Plant, sono uscite 1 t di benzene e 68mila t di monossido di carbonio.
L’inquinamento totale nelle strutture dell’area di Houston durante l’ondata di freddo è stato di circa 320 tonnellate, circa il 3% dell’inquinamento totale rispetto alle quantità consentite per tutto il 2019 e quasi il 10% delle emissioni del 2018, secondo i dati dell’agenzia ufficiale.
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“Queste emissioni possono far impallidire le normali emissioni delle raffinerie di ordini di grandezza”, ha affermato a Reuters Jane Williams, presidente del National Clean Air Team del Sierra Club.