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Cambiamento climatico, il parere della Corte internazionale di giustizia sarà rivoluzionario?

Cambiamento climatico: verso parere Corte Internazionale Giustizia
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Chiarire le obbligazioni legali degli Stati nella lotta contro il cambiamento climatico e le conseguenze per i paesi che contribuiscono al riscaldamento globale. È questo l’obiettivo delle audizioni che si terranno dal 2 al 13 dicembre alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ). E che potrebbero sfociare, l’anno prossimo, in un “parere consultivo” capace di riscrivere la storia dei contenziosi climatici e dell’azione climatica globale.

Perché il parere della Corte Internazionale di Giustizia è importante?

Non è un’esagerazione. Certo, la ICJ non emetterà una sentenza, ma solo un parere. E il parere non sarà giuridicamente vincolante, quindi nessuno Stato è tenuto per legge ad adeguarsi a cosa dirà il principale organo giudiziario dell’Onu, basato a L’Aia in Olanda.

Ma il parere dell’ICJ potrà essere usato come un precedente in qualsiasi altro dibattimento, in qualsiasi giurisdizione. Solitamente, i pronunciamenti della Corte Internazionale di Giustizia sono tenuti in alta considerazione.

In sintesi: dall’ICJ può arrivare un’arma nuova da usare in tutti i contenziosi climatici contro Stati e aziende per obbligarli a fare di più contro il riscaldamento globale.

Combattere il cambiamento climatico, il ruolo di Vanuatu

A chiedere all’ICJ di emettere un parere consultivo è stata l’Assemblea Generale dell’Onu nel 2023, su impulso di Vanuatu. Il piccolo stato insulare del Pacifico, insieme ad altri 120 paesi, ha chiesto che la Corte chiarisse quali sono i doveri degli Stati in relazione al cambiamento climatico.

Questo è il testo della richiesta avanzata all’ICJ:

“Tenuto conto in particolare della Carta delle Nazioni Unite, dei Patti internazionali sui diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali, della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, dell’Accordo di Parigi, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del dovere di diligenza, dei diritti riconosciuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, del principio di prevenzione di danni significativi all’ambiente e del dovere di proteggere e preservare l’ambiente marino,

  • Quali sono gli obblighi degli Stati ai sensi del diritto internazionale per garantire la protezione del sistema climatico e di altre parti dell’ambiente dalle emissioni antropiche di gas serra per gli Stati e per le generazioni presenti e future;
  • Quali sono le conseguenze giuridiche derivanti da tali obblighi per gli Stati che, con i loro atti e omissioni, hanno causato danni significativi al sistema climatico e ad altre parti dell’ambiente, per quanto riguarda:
    • gli Stati, compresi, in particolare, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo, che, a causa delle loro circostanze geografiche e del loro livello di sviluppo, sono danneggiati o particolarmente colpiti o sono particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dei cambiamenti climatici?
    • i popoli e gli individui delle generazioni presenti e future colpiti dagli effetti negativi dei cambiamenti climatici?”

L’obiettivo di Vanuatu si intreccia con i risultati della COP29 di Baku. Il paese insulare, fortemente minacciato dall’aumento del livello dei mari e da altri impatti del cambiamento climatico, punta a un parere che rafforzi le richieste di:

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