Lo studio del World Weather Attribution
(Rinnovabili.it) – Tra fine agosto e metà settembre, i termometri di gran parte del Sudamerica hanno segnato temperature eccezionali con punte di 40°C alla fine dell’inverno australe. Dalle foreste del Brasile alle praterie dell’Argentina, passando per le terre alte della cordigliera andina, l’ondata di caldo prolungata e intensa ha fatto cadere centinaia di record. Non è stato un evento “normale”: in un mondo quasi 1,2°C più caldo rispetto al periodo pre-industriale, il cambiamento climatico antropico l’ha reso 100 volte più probabile.
Il ruolo del cambiamento climatico antropico
Lo afferma uno studio pubblicato dal World Weather Attribution, un team internazionale di scienziati del clima che si occupa di calcolare l’impatto del cambiamento climatico causato dall’uomo sugli eventi estremi, combinando i modelli climatici con le rilevazioni sul campo. Nel caso dell’ondata di caldo in Sudamerica, “l’evento sarebbe stato da 1,4 a 4,3 °C più freddo se gli esseri umani non avessero riscaldato il pianeta di bruciando combustibili fossili”.
La stima finale ha un grado di incertezza elevato, ma secondo gli scienziati la probabilità che un evento del genere accada oggi, rispetto a un Pianeta 1,2°C più freddo, “è aumentata di almeno 100 volte”. È l’effetto del cambiamento climatico antropico al netto di altri fattori non legati all’uomo. Lo studio mette in chiaro che il contributo di El Niño (ENSO), un fenomeno naturale che ha un impatto profondo sul clima globale e che sta contribuendo a rendere il 2023 l’anno più caldo di sempre, non ha amplificato in modo significativo l’ondata di caldo in Sudamerica. “Sebbene l’ENSO possa aver influenzato i modelli meteorologici su larga scala, il contributo diretto al caldo estremo è piccolo, rispetto al segnale del cambiamento climatico”, specificano gli scienziati.
Nel clima attuale, un evento di questa portata ha un tempo di ritorno di una volta ogni 30 anni. E in futuro? Con l’aumento del riscaldamento globale, eventi come questo “diventeranno ancora più comuni e più caldi. Con temperature medie globali di 2°C superiori ai livelli preindustriali, un evento caldo come questo sarebbe circa 5 volte più probabile e da 1,1 a 1,6°C più caldo di oggi”, conclude lo studio.