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Le conseguenze dei cambiamenti climatici, l’Italia si scalda di 5 gradi e paga con l’8% del Pil

La fotografia scattata dal nuovo rapporto del Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc). L’intero Paese è sotto scacco, non ci sono regioni immuni. L’economia subirà gravi impatti in modo direttamente proporzionale all’incremento delle temperature, si aprirà un divario sempre maggiore delle disuguaglianze in alcune aree del Paese, solcando ancor di più il divario già esistente tra il Nord e il Sud, e colpendo le fasce di popolazione più deboli

cambiamenti climatici

di Tommaso Tetro

Pubblicato il report “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia”

(Rinnovabili.it) – Come per il film di Paolo Sorrentino gli effetti delle scelte hanno un prezzo. Nel caso della pellicola girata dal premio Oscar si parla di scelte legate a quanto amore viene profuso, nel caso dei cambiamenti climatici ‘le conseguenze’ per l’Italia possono arrivare a costare l’8% del Pil a fine secolo, in una deriva ambientale in cui può anche succedere che il nostro Paese si ritrovi ad arrostire sotto i colpi infernali dettati dall’aumento di temperatura fino a 5 gradi. E’ questa la fotografia, senza filtri come va di moda dire sui social ma a tinte allarmanti, scattata dalla Fondazione Cmcc, Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, e contenuto nel nuovo rapporto ‘Analisi del rischio. I cambiamenti climatici in Italia’, in cui si fa presente che non c’è da stare tranquilli neanche adesso: la temperatura è infatti già pronta a salire di 2 gradi in più nei prossimi 30 anni, rispetto al periodo compreso tra il 1981 e il 2010, e il valore dei ‘danni’ prodotti dal clima iniziano a salire, partendo dallo 0,5% del Pil.

Impietosa la piega anche per l’economia; subirà gravi impatti in modo direttamente proporzionale all’incremento del riscaldamento. Il ritmo di avanzata dei cambiamenti climatici, non soltanto aprirà un divario sempre maggiore delle disuguaglianze in alcune aree del Paese, tagliando in due e solcando ancor di più il divario già esistente tra il Nord e il Sud, ma soprattutto la ferita ambientale si vedrà riflessa nelle fasce di popolazione più deboli, acuendo la distinzione tra poveri e ricchi.

In sostanza i cambiamenti climatici – spiega la prima analisi integrata del rischio climatico in Italia che, con il contributo di 30 autori in 5 capitoli, si concentra su singoli settori per offrire informazioni sul prossimo futuro e cercare di fornire uno strumento per mettere a punto concrete strategie di sviluppo resiliente e sostenibile – sono come “un acceleratore” delle lacerazioni che possono colpire economia e società. L’intero territorio italiano è sotto scacco, così come tutti i settori economici: non ci sono regioni che “possono considerarsi immuni”.

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Credits: infografica CMCC

“Il rapporto rappresenta il punto più avanzato della conoscenza degli impatti e l’analisi di rischio integrato dei cambiamenti climatici in Italia – osserva Donatella Spano, membro della Fondazione Cmcc e docente dell’università di Sassari, che ha coordinato la ricerca – tutti i settori risultano impattati negativamente dai cambiamenti climatici; le perdite maggiori riguardano le infrastrutture, l’agricoltura e il settore turistico sia estivo che invernale”. 

Nello scenario peggiore (quello con un aumento fino a cinque gradi per il 2100) si assiste alla diminuzione delle precipitazioni estive nelle regioni del Centro e del Sud; ma con un aumento di eventi estremi e precipitazioni più intense. Cosa che è già evidente negli ultimi 20 anni, con un aumento del 9% della probabilità del rischio. 

E per esempio prendendo sempre in considerazione la descrizione peggiore di quello che potrebbe accadere, nel periodo 2071-2100 i costi dei rischi legati alle alluvioni sono pari a 15,3 miliardi di euro all’anno, fino a 5,7 miliardi per colpa dell’innalzamento del mare, e una cifra che va da 87 a 162 miliardi il ‘peso’ del decremento dei terreni agricoli; con la riduzione della domanda turistica che potrebbe scendere fino a 52 miliardi di euro.

Siccità e caldo saranno la norma, con un aumento del numero di giorni torridi e di periodi senza pioggia. Va da se che l’Italia diventerà di fatto un Paese tropicale: le notti tipiche di queste aree del Pianeta, con la temperatura che non scende mai al di sotto dei 20 gradi, saranno 18 in più di qui al 2050 rispetto al periodo 1981-2010, con ricadute sulla salute e sui consumi energetici.

Il caldo e le precipitazioni intese saranno (ma già lo sono tuttora) molto più che una minaccia nelle città, dove a scontare le ripercussioni maggiori saranno le persone più fragili, bambini, anziani, disabili. Il sistema sanitario sarà messo a dura prova: sono attese più morti per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici; ma anche un incremento delle malattie respiratorie a causa del combinato disposto tra caldo e smog.

Per gli incendi viene lanciato un vero e proprio sos. Basta anche guardare alla California adesso per comprendere che c’è molto di cui preoccuparsi. Nei prossimi decenni infatti il rischio potrebbe aumentare del 20%, con una stagione di roghi che potrebbe allungarsi fino a 40 giorni all’anno e la superficie in fumo che, a fine secolo, potrebbe bruciare per un 43% in più. 

“La sfida del rischio connesso ai cambiamenti climatici – rileva ancora Spano – parte dalla conoscenza scientifica per integrare l’adattamento, le soluzioni da mettere in campo di fronte al rischio, in tutte le fasi dei processi decisionali, nelle politiche pubbliche, nei programmi di investimento e nella pianificazione della spesa pubblica, in modo da garantire lo sviluppo sostenibile su tutte le scale territoriali e di governance”.

Per questo bisogna pensare che una via d’uscita c’è, una chiave di speranza per leggere il problema e provare a trovare una soluzione. Imparare a incentrare la società che vogliamo sulla sostenibilità. “I cambiamenti climatici – scrivono i ricercatori – richiederanno numerosi investimenti e rappresentano un’opportunità di sviluppo che il Green deal europeo riconosce come unico modello per il futuro”.