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Giugno da record in Italia: è stato il 2° più caldo dal 1800

L’anomalia termica media sull’intera penisola ha raggiunto +2,88°C. Più caldo solo nel famigerato giugno del 2003. Valori anormali di 3-5°C a 1500 m di quota. I dati dell’ISAC-CNR

Caldo estremo: è stato il 2° giugno più bollente di sempre in Italia
crediti: ISAC-CNR | Andrea Corigliano

Il caldo estremo ha interessato soprattutto il Centro

(Rinnovabili.it) – In Italia, a giugno, il riscaldamento globale ha fatto segnare +2,88°C rispetto alla media del trentennio 1991-2020. È il secondo valore più alto di sempre per il primo mese dell’estate, battuto solo dal caldo estremo registrato nel 2003, anno davvero eccezionale con ben +3,44°C di anomalia termica media. Un dato che continua la scia bollente dopo il primato di maggio, anch’esso il secondo più caldo di sempre da quando esistono serie storiche (1800).

Un mese di caldo estremo

Giugno ha visto le ondate di calore più precoci di sempre (non solo sul Belpaese ma su mezza Europa) e una cappa di caldo estremo molto persistente che ha coinvolto l’intera penisola. Verso la fine del mese, durante l’ultimo picco di caldo, Caronte ha infranto molti record di temperatura per giugno. Il 27 giugno Viterbo ha registrato il primato assoluto (non solo per giugno) con 40,3°C, all’aeroporto di Roma Fiumicino i termometri sono arrivati a 39°C (2,5 gradi sopra il record precedente), Firenze ha raggiunto i 41°C.

È stata proprio l’Italia centrale a soffrire di più negli ultimi 30 giorni. L’anomalia termica in queste regioni si è attestata in media sui +3,11°C, ad appena due decimali di distanza dal record del 2003. Anche il sud ha sfiorato i primati di 19 anni fa con +2,97°C oltre la media dell’ultimo trentennio (nel 2003 si arrivò a +3,15°C). Mentre al nord, secondo i dati raccolti dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del CNR, i valori anomali sono stati leggermente più contenuti, con +2,75°C oltre la media rispetto ai +3,9°C del 2003.

L’anomalia termica in quota

Oltre alle differenze regionali, un dato molto importante da considerare è quello delle anomalie termiche in quota. L’incidente di domenica scorsa sulla Marmolada ha messo a nudo la fragilità degli ecosistemi alpini, colpiti da un riscaldamento globale che viaggia a ritmi 2-3 volte superiori rispetto al resto del pianeta.

Ebbene, a giugno l’anomalia termica attorno ai 1500 metri (il riferimento è il piano isobarico di 850 hPa) è stata da 3 a 5 gradi su tutto lo Stivale, con valori sull’arco alpino compresi nell’intervallo fra 3°C e 3,5°C e in Appennino fra 3,5 e 4°C.

Valori che sono stati con ogni probabilità determinanti per innescare il distacco e poi il crollo del seracco del ghiacciaio della Marmolada che ha travolto e ucciso 7 escursionisti (sono ancora 5 i dispersi) il 3 luglio. In vetta, a 3256 metri, dal 10 giugno, le temperature medie sono sempre state positive e superiori a 2°C. Con minime altissime: dallo stesso giorno sono sempre state sopra lo zero (ad eccezione del -0,5°C del 25 giugno), facendo continuare la fusione dei ghiacci anche la notte.