I dati della Nasa sul buco dell’ozono
(Rinnovabili.it) – Quest’anno il buco dell’ozono ha toccato i massimi dal 2015 con un’estensione di 26,4 milioni di km2, più di due volte e mezza l’intera Europa. Per il 3° anno di fila, il picco supera i 25 mln di km2. Ma nonostante il risultato negativo, la tendenza di lungo periodo al restringimento resta invariata. Lo ha annunciato il Goddard Space Flight Center della Nasa.
Qual è la causa del picco negativo per il buco dell’ozono sopra il Polo Sud, che quest’anno è caduto il 5 ottobre? Gli scienziati americani sono certi: dipende da un fattore contingente, le basse temperature ad alta quota. Quest’anno sono state registrate temperature decisamente inferiori alla norma nella stratosfera al di sopra della regione antartica, ad altezze comprese tra i 12 e i 20 km. Vale a dire in corrispondenza dell’ozonosfera, la fascia in cui si trova lo strato di ozono che scherma il pianeta dalle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole. In queste condizioni, si formano delle nubi che esaltano l’azione di sostanze chimiche a base di cloro e bromo, presenti in atmosfera e note per i loro effetti sull’ozono.
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“La tendenza generale è al miglioramento. Quest’anno è un po’ peggiorato perché è stato un po’ più freddo”, ha spiegato all’AP Paul Newman, scienziato capo del Goddard Space Flight Center della NASA, che segue la riduzione dell’ozono. “Tutti i dati dicono che l’ozono è in via di guarigione”, ha confermato. La rassicurazione arriva nonostante altri dati recenti abbiano puntato in direzione contraria. Nel 2020 e nel 2021, infatti, il buco dell’ozono è stato il più longevo dal 1979, quando sono iniziate le rilevazioni.
Tuttavia, il protocollo di Montreal che mette al bando le sostanze dannose per l’ozono come i clorofluorocarburi e gli idrofluorocarburi sta funzionando, le quantità prodotte e rilasciate in atmosfera di questi composti si riduce anno dopo anno. La più recente valutazione scientifica dell’Unep e dell’Omm sull’esaurimento dell’ozono, pubblicata nel 2018, ha concluso che le misure previste dal protocollo di Montreal porteranno lo strato di ozono sulla via del recupero e al potenziale ritorno dell’ozono nell’Artico e nell’emisfero settentrionale prima della metà del secolo, intorno al 2035. Poi toccherà all’emisfero australe a media latitudine intorno al 2050 e quindi all’Antartide entro il 2060.
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