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Social bot: come diffondere falsità sul clima

Su Twitter, circa 1/4 dei tweet aventi il clima come loro principale argomento vengono pubblicati da account automatici, che producono contenuti con il solo scopo di influenzare l'opinione pubblica e distorcere la percezione del rischio.

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Credits: edar da Pixabay

Uno studio della Bronw University sui bot svela le tortuose vie del negazionismo climatico.

 

(Rinnovabili.it) – Il dibattito sulla crisi climatica viene costantemente alimentato e modellato da un esercito di cosiddetti social bot, vale a dire account automatizzati che su Twitter producono in modo del tutto meccanico dei contenuti non facilmente distinguibili da quelli normalmente prodotti da una persona reale. Nello specifico, secondo un’analisi della Brown University (USA) circa 1/4 dei tweet aventi il clima come loro principale argomento vengono prodotti secondo queste modalità.

 

Questo significa che gli incredibili livelli di attività dei bot di Twitter su argomenti relativi al riscaldamento globale e alla crisi climatica stanno distorcendo il discorso online, soprattutto al fine di diffondere il cosiddetto negazionismo climatico. Nello specifico, l’analisi della Brown University ha preso avvio dallo studio dei milioni di tweet risalenti al periodo in cui Donald Trump annunciò che gli Stati Uniti si sarebbero ritirati dall’accordo sul clima di Parigi, scoprendo che i bot tendevano ad appoggiare il presidente per le sue azioni e diffondere disinformazione sulla scienza. Oltre a produrre contenuti, infatti, i bot possono retweettare o mettere like a specifici messaggi.

 

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Entrando nel particolare, secondo lo studio, in un giorno del periodo preso in esame circa il 25% di tutti i tweet sulla crisi climatica proveniva da bot. Questa percentuale, inoltre, era più alta rispetto alcuni argomenti: i bot erano responsabili del 38% dei tweet sulla “scienza falsa” e del 28% di tutti i tweet sul gigante del petrolio Exxon. Al contrario, i tweet che potrebbero essere classificati come ‘attivismo online’ a supporto dell’azione sulla crisi climatica presentavano pochissimi bot, con una presenza del 5% circa. I risultati, dunque, suggeriscono che i bot non sono solo prevalenti, ma lo sono in modo sproporzionato in argomenti a sostegno del negazionismo.

 

I ricercatori della Brown hanno esaminato 6,5 milioni di tweet pubblicati in un arco temporale che va da qualche giorno prima dell’annuncio fino al mese successivo: i contenuti online sono stati ordinati in categorie tematiche e analizzati con uno strumento chiamato botometer, utilizzato per stimare la probabilità che l’utente dietro al tweet sia un bot. Il giorno dell’annuncio di Trump, un enorme picco di interesse generale sull’argomento ha visto i tweet sospetti aumentare da centinaia al giorno a oltre 25.000 al giorno. Lo studio della Brown University non è stato in grado di identificare, però, alcun individuo o gruppo dietro al battaglione dei social bot, né accertare il livello di influenza che hanno avuto nel dibattito sul clima.

 

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Tuttavia, molti bot fra quelli che hanno costantemente denigrato la scienza e gli attivisti climatici hanno un gran numero di follower su Twitter. Inoltre, gli account Twitter che diffondono falsità sulla crisi climatica sono anche in grado di utilizzare l’opzione di promuovere i loro tweet, disponibile per coloro che sono disposti a pagare per una maggiore visibilità. Nonostante Twitter vieti la promozione per i tweet con contenuti politici, la consente per qualsiasi tipo di contenuto, vero o no, sulla crisi climatica.