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Affrontare male la crisi climatica ci costerà il 27% della produzione economica globale

Azione climatica: è conveniente dal punto di vista economico
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La lotta al cambiamento climatico per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi è conveniente dal punto di vista economico. Ciononostante, nessun paese è sulla traiettoria giusta e a dominare è un’azione climatica troppo lenta e debole. Un paradosso, valutando con il metro della ragion economica. Tanto più che esiste ampia “evidenza empirica” che all’economia convenga tenere la temperatura globale sotto la soglia di 2 gradi di riscaldamento.

Lo afferma un’analisi congiunta di Boston Consulting Group (BCG) e Università di Cambridge che fa il punto sugli aspetti economici dell’azioe climatica. Dimostrando numeri alla mano che agire contro il riscaldamento globale non è solo necessario per il Pianeta, ma anche economicamente vantaggioso.

Gli svantaggi economici di un’azione climatica insufficiente

La temperatura globale l’anno scorso è arrivata a +1,55°C di riscaldamento globale rispetto ai livelli preindustriali. Non è un’eccezione: un recente rapporto della WMO ricorda che i 10 anni più caldi di sempre sono esattamente li ultimi 10. E le politiche attuali ci collocano su una traiettoria di riscaldamento di 3°C entro fine secolo, significativamente superiore all’obiettivo di restare “ben al di sotto dei 2°C” dell’Accordo di Parigi.

Qui si innesta l’analisi economica del rapporto. Che quantifica bonus e malus della transizione. Senza azione climatica adeguata, cioè se arriveremo a un riscaldamento globale di 3°C, la produzione economica cumulativa globale potrebbe ridursi del 15-34%

Questo equivale a una riduzione della crescita annuale del PIL dello 0,56% – una cifra apparentemente modesta che, proiettata nel tempo, diventa però devastante per l’economia mondiale.

Dati questi, che potrebbero essere sottostimati. I modelli attuali, infatti, ricordano gli autori, non riescono a catturare pienamente i danni economici derivanti dal superamento di punti di non ritorno critici (i tipping points), come la perdita delle barriere coralline o il degrado della foresta amazzonica.

Investimenti necessari e benefici economici

Per evitare questo scenario, secondo il rapporto sono necessari investimenti significativi sia lato mitigazione che lato adattamento.

Secondo il rapporto, entro il 2050 gli investimenti in mitigazione dovranno aumentare di 9 volte, mentre quelli in adattamento di ben 13 volte. Complessivamente, l’investimento richiesto equivale all’1-2% della produzione economica cumulativa mondiale fino al 2100.

Il rendimento dell’investimento climatico

Il rendimento di questi investimenti è estremamente solido, calcola il rapporto. Il “costo netto dell’inazione” – ossia il costo del mancato intervento sul cambiamento climatico dopo aver contabilizzato gli investimenti necessari – equivale all’11-27% della produzione economica cumulativa mondiale.

Per comprendere la portata di questa cifra, la media di questo intervallo equivale a 3 volte la spesa sanitaria globale prevista fino al 2100, o 8 volte l’importo necessario per portare il mondo intero al di sopra della soglia di povertà globale nello stesso periodo.

Barriere all’azione climatica

Nonostante la chiara convenienza economica per l’azione climatica, il rapporto evidenzia 5 barriere fondamentali:

  1. scarsa comprensione della convenienza economica per l’azione climatica tra i leader politici
  2. asimmetria temporale tra costi (prevalentemente prima del 2050) e benefici (più evidenti dopo il 2050)
  3. distribuzione disomogenea di costi e benefici tra paesi
  4. rischio di creare vincitori e vinti all’interno delle economie durante la transizione
  5. insufficiente comprensione dei danni economici nella loro interezza.

Per superare queste barriere, bisognerebbe riformulare il dibattito sui costi climatici, garantire più  trasparenza sul costo dell’inazione e migliorare la comprensione del costo netto dell’inazione.

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