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Aree montane: il ruolo dell’alta quota per la conservazione delle specie animali

Anche se la quantità totale di superficie terrestre disponibile per gli animali diminuisce man mano che le altitudini aumentano, cresce la quantità di area terrestre più intatta. Ciò potrebbe essere un bene per la conservazione delle specie.

Aree montane
Credits: Lukas Bieri da Pixabay

Uno studio di WCS accende un barlume di speranza per la conservazione delle specie nelle aree montane

(Rinnovabili.it) – Un nuovo studio pubblicato su Nature Communications e condotto dai ricercatori della Wildlife Conservation Society (WCS), in collaborazione con la Berkeley University e il Servizio forestale degli Stati Uniti, ha scoperto che il 60% di tutte le aree montane degli USA è soggetta a forti “pressioni antropiche”. L’azione dell’uomo incide soprattutto sulle latitudini più basse, là dove è più semplice costruire strade e coltivare il cibo. Questa scoperta, però, ha delle importanti conseguenze sul modo in cui è possibile gestire la conservazione delle specie animali di montagna in riferimento ai cambiamenti climatici.

Applicando dei modelli climatici previsionali, i ricercatori hanno mostrato che, a causa del riscaldamento globale, molti animali tendono a spostarsi verso aree montane ad altitudini più elevate. “Questo spostamento è sempre stato visto come un problema, perché le specie avrebbero meno area terrestre e meno habitat da occupare ad alte quote”, ha dichiarato Paul Elsen, ricercatore del WCS e autore principale dello studio.

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Tuttavia, le aree montane più elevate sono quelle che conservano un habitat più intatto,perché meno soggetto all’azione dell’uomo. Quindi, quando le specie si muovono verso l’alto, tendono ad allontanarsi da aree che sono sotto forte pressione umana, per andare verso aree a ridotta pressione umana. Di conseguenza, anche se la quantità totale di superficie terrestre disponibile diminuisce, aumenta la quantità di area terrestre più intatta.

Gli autori hanno combinato le informazioni di diversi database per effettuare le loro valutazioni e determinare un quadro della quantità di superficie disponibile a diverse quote. A partire da questi dati, hanno definito un indice dell’impronta umana (per ottenere informazioni sulla pressione esercitata dalle attività umane) a cui hanno sommato le informazioni fornite dai modelli climatici globali, per capire in che modo le temperature potrebbero cambiare entro la fine del 21° secolo. Attraverso simulazioni al computer, quindi, hanno “posizionato” le diverse specie sulle aree montane, a diverse altitudini, per capire come si sarebbero spostate a seconda delle variazioni della temperatura.

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Paradossalmente, andando più in alto, le specie avevano a disposizione aree terrestri più intatte rispetto ad altitudini più basse. “I nostri risultati offrono un barlume di speranza per le specie montane in rapporto ai cambiamenti climatici”, ha detto Elsen. “Le specie Montane stanno ancora affrontando un’enorme pressione umana, specialmente a basse altitudini, ma ora abbiamo l’opportunità di proteggere gli habitat intatti a quote più elevate per offrire a queste specie le migliori possibilità per il futuro”.