Relazione della Corte dei Conti UE sulle azioni per l’adattamento alla crisi climatica. Gli Stati producono una rendicontazione generica, senza dati né indicatori comparabili. Mentre i Comuni ignorano gli strumenti, i piani e le strategie a livello regionale, nazionale e comunitario. Non mancano casi di progetti che portano a un “maladattamento”
L’Europa ha delle politiche “solide” sull’adattamento al cambiamento climatico, ma le applica male. Dal 2014 a oggi, 4 progetti su 10 dedicati a migliorare la capacità di adattamento hanno avuto un impatto “modesto o nullo”. Il rischio? Non stare al passo col cambiamento climatico. E veder lievitare la conta dei danni da eventi estremi.
La valutazione arriva dalla Corte dei Conti europea. “Abbiamo analizzato come l’UE stia rispondendo alla necessità urgente di adattarsi alle ricorrenti condizioni climatiche estreme”, ha dichiarato Klaus-Heiner Lehne, il membro della Corte responsabile dell’audit. “Abbiamo rilevato problemi nell’attuazione pratica delle politiche. Se l’azione dell’UE non viene condotta meglio, le ambizioni di adattamento dell’UE rischiano di non stare al passo con i cambiamenti climatici”.
Adattamento al cambiamento climatico, rendicontazioni UE inefficaci
Nelle 70 pagine di relazione, i revisori dei conti europei mettono in fila i problemi principali a cui è esposto l’approccio di Bruxelles e dei paesi membri all’adattamento al cambiamento climatico. La nota positiva riguarda la ricezione delle norme UE: i piani, le strategie e le leggi nazionali sono generalmente coerenti con gli indirizzi di Bruxelles. Ma appena si scende nel concreto, il giudizio cambia.
Una delle critiche più forti riguarda la rendicontazione delle azioni concrete per l’adattamento, che “non è efficace” e risulta “insufficiente”. Il motivo? Gli Stati membri danno valutazioni qualitative e non quantitative, e restano sul piano generale invece di dettagliare i progressi compiuti. Altro aspetto problematico: nessuno usa indicatori comuni.
I Comuni non conoscono strumenti e piani generali per l’adattamento
Poi c’è una questione di bassa consapevolezza a livello locale degli strumenti per l’adattamento. I revisori hanno svolto un’indagine in 400 Comuni dei 4 paesi membri analizzati nella loro relazione, riscontrando che la maggior parte dei Comuni non era a conoscenza delle diverse strategie e dei vari piani di adattamento.
Nel dettaglio:
- quasi il 70 % non era a conoscenza della strategia di adattamento dell’UE;
- il 60 % non era a conoscenza dei piani di adattamento nazionali;
- il 54 % non era a conoscenza dei piani di adattamento regionali;
- il 77 % non era a conoscenza della piattaforma Climate-ADAPT;
- il 74 % non era a conoscenza dei servizi di Copernicus.
Casi di maladattamento
La maggior parte delle azioni concrete passate al vaglio dai revisori ha affrontato “efficacemente” i rischi climatici, formulando anche alcune buone pratiche. Ma il 40% dei progetti aveva prodotto risultati carenti. E spesso si registrano casi di “maladattamento”.
Progetti in cui le priorità erano in contrasto fra loro e gli obiettivi di adattamento ai cambiamenti climatici “dovevano coesistere con altri obiettivi quali la competitività o lo sviluppo regionale”. Spesso di mezzo ci sono necessità agricole, come l’irrigazione (e il conflitto con i livelli di consumi idrici e la scarsità d’acqua). Le soluzioni proposte portano all’aumento – anziché a alla riduzione – della vulnerabilità o dell’esposizione ai cambiamenti climatici, rilevano i revisori dei conti.
Alcuni esempi: la promozione dell’irrigazione per colture ad alta intensità idrica invece di passare a quelle a minore intensità, oppure l’investimento in cannoni per l’innevamento artificiale (seppur energeticamente più efficienti) invece di concentrarsi sullo spalmare il turismo lungo tutto l’anno.
Leggi anche Piano Adattamento ai Cambiamenti Climatici, approvato il PNACC