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Sì ai cambiamenti climatici nel World Economic Outlook 2016

Cambiamenti climatici dal 2016 nel World Economic Outlook 2

 

(Rinnovabili.it) – A partire dal 2016, il Fondo monetario internazionale inizierà a prendere in considerazione più seriamente i cambiamenti climatici nei modelli macroeconomici. È quanto emerge da una riunione dei vertici, tenutasi a Londra questa settimana, che apre prospettive interessanti. Dal prossimo anno, il celebre World Economic Outlook potrebbe riportare i rischi per la crescita derivanti dall’aumento dei gas serra, con particolare riferimento alle economie più legate alle fonti fossili.

L’Fmi, principale autorità mondiale sulla stabilità finanziaria e organismo di notevole influenza a livello planetario, qualche mese fa ha diffuso un controverso rapporto sui sussidi ai combustibili fossili, che varrebbero 5,3 trilioni l’anno. Christine Lagarde, capo dell’organizzazione, ha chiesto più volte l’approvazione di un prezzo del carbonio che incoraggiasse gli investimenti verdi.

«Mi impegno a una maggiore enfasi sull’inclusione finanziaria, la disuguaglianza, i problemi di genere e il cambiamento climatico», ha detto durante il vertice annuale del Fondo, tenutosi a Lima all’inizio di ottobre. Eppure, durante la stessa riunione, sono state lanciate previsioni di crescita globale senza riferimenti al clima. Tuttavia, dal meeting di Londra sono state rinnovate le indicazioni che prevedono di integrare più pienamente la considerazione dei rischi legati al clima, anche nelle valutazioni macroeconomiche.

 

Cambiamenti climatici dal 2016 nel World Economic OutlookAllo stato attuale, più di un quinto delle società  componenti il FTSE 100 sono impegnate nel settore energetico o minerario e contano per una parte significativa del capitale disponibile. Aziende del calibro di Shell, BP ed ExxonMobil prevedono di non cambiare business, proiettando le stime di aumento dell’uso di combustibili fossili verso livelli preoccupanti. La soglia fatidica dei 2 °C di temperatura media globale, da non superare entro il 2100, al momento non sembra rispettabile. Le major hanno troppa paura di perdere denaro e troppa forza di pressione sui governi, che stanno scegliendo obiettivi conservativi di riduzione delle emissioni. In un rapporto della scorsa settimana, Carbon Tracker ha sfidato le loro stime e quelle ufficiali, dicendo che ignoravano «l’enorme potenziale» di un calo della domanda di energia a causa del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili.

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