(Rinnovabili.it) – Un decennio di siccità prolungata e temperature eccezionalmente sopra la media stagionale sono le cause dei roghi devastanti che stanno mettendo in ginocchio il Cile da settimane. Nel paese andino, una delle aree del pianeta dove gli effetti dei cambiamenti climatici sono più evidenti e pericolosi, sono già andati in fumo 190mila ettari di boschi e foreste, una superficie grande 10 volte la città di Milano. Nonostante gli sforzi profusi fin dall’inizio, gli incendi attivi sono 85. Il servizio forestale cileno comunica che, di questi, almeno 35 sono ancora fuori controllo e potrebbero espandersi in modo imprevedibile. Alcuni dei roghi potrebbero essere di origine dolosa, ma la maggior parte è legata a doppio filo al riscaldamento globale.
Tra le zone più colpite c’è la regione del Maule, circa 300 km a sud della capitale Santiago. “Non abbiamo mai visto qualcosa di questa grandezza, mai prima nella storia del Cile”, ha detto la presidente Michelle Bachelet. Anche se il paese è soggetto ad incendi a causa delle estati torride e calde, la situazione delle ultime settimane non ha precedenti paragonabili. Al punto che le autorità – attrezzate da tempo per far fronte a molti disastri naturali, tra cui terremoti e tsunami – hanno prima dichiarato lo stato di emergenza e poi dovuto chiedere aiuti internazionali per fermare le fiamme. Da ieri è in servizio un Boeing 747 Super Tanker preso in prestito dagli Stati Uniti, altri aiuti sono arrivati da Perù, Messico e Francia.
Nel frattempo sono bruciati ettari ed ettari di foreste, gli incendi hanno divorato i vigneti tra i più preziosi del Cile mettendo in ginocchio l’industria vinicola, seconda voce dell’export del paese, e sono arrivate a lambire case e paesi. Mentre le temperature battono incessantemente sui 40°C e continuano a soffiare forti venti che favoriscono il propagarsi delle fiamme, i cittadini sfollati sono già centinaia.
Tutta l’America Latina sta assistendo agli effetti del riscaldamento globale, che nel continente è particolarmente elevato e sta sconvolgendo interi ecosistemi. A destare più preoccupazione è la possibilità che si scatenino nei prossimi anni delle vere e proprie battaglie per l’acqua, risorsa sempre più scarsa e, spesso, privatizzata per essere venduta a prezzi elevati. È quello per cui solo pochi mesi fa protestavano proprio gli abitanti di Santiago del Cile: la disponibilità d’acqua stimata per la capitale crollerà del 40% entro il 2070, ma già oggi milioni di abitanti sono lasciati a secco per giorni interi mentre l’acquedotto funziona a singhiozzo. I dati climatici non promettono nulla di buono: le temperature sono in costante ascesa e i ghiacciai nazionali si ritirano veloci.