Non basta un satellite o una stazione meteorologica a capire gli impatti dei cambiamenti climatici. Solo l’indagine di campo può svelarne la vera portata
(Rinnovabili.it) – Lo studio dei cambiamenti climatici si basa su modelli e dati raccolti tramite strumenti di misurazione di numerosi parametri. Ma quasi nessuno ha mai pensato di mettere insieme la percezione delle comunità locali, costrette a cambiare comportamenti e costumi, a seguito del riscaldamento globale. Eppure è proprio da qui che è possibile rintracciare gli effetti di un aumento delle temperature globali che sta trasformando in maniera dirompente, già oggi, gli stili di vita di milioni di persone.
Le esperienze dirette di oltre 90 mila persone provenienti da 137 Paesi del mondo sono state raccolte da un recente studio pubblicato su Nature. Le hanno raccolte ricercatori della Simon Fraser University del Canada, unendo oltre 1.000 studi precedenti che indagavano gli impatti del global warming sulle comunità orientate alla sussistenza. Secondo gli autori, queste osservazioni di contesti locali, soprattutto in aree remote, possono rivelarsi un mezzo fondamentale per riempire i vuoti che le simulazioni al computer o i dati satellitari inevitabilmente lasciano nella scienza del clima.
Il lavoro di campo, invece, si concentra sulle abitudini stratificatesi culturalmente a livello delle micro comunità, specialmente di popoli indigeni. Il 70% degli intervistati, nota quello che può essere definito un “meta-studio”, ha osservato mutamenti nelle stagioni, nella temperatura o nelle precipitazioni. Tutti effetti riconducibili al cambiamento climatico. Ma c’è di più, poiché sarebbero evidenti anche gli impatti secondari: minor resa dei raccolti, cambio delle rotte migratorie degli animali costringono queste comunità a confrontarsi con un ecosistema che non fornisce più le tradizionali fonti di cibo. Da qui, notano i ricercatori, si può facilmente comprendere come il climate change stia già «avendo effetti profondi a livello locale».
I popoli indigeni si stanno ingegnando nell’adattamento, modificando le stagioni di caccia, agricoltura o raccolta, così come le pratiche culturali ancestrali che coltivano.
«Pensiamo che il cambiamento climatico sia qualcosa che accade nella regione artica, ma queste sono le esperienze di persone reali che vedono mutamenti in prima persona: non è teoria – ha detto l’archeologa Valentina Savo, che ha guidato la ricerca – Questo tipo di informazioni non solo convalida i dati delle stazioni meteorologiche, ma attinge da una conoscenza di lunga data dei minimi cambiamenti negli ecosistemi che non si può ricavare da una stazione climatica».