Il panel di esperti ONU sui cambiamenti climatici dovrà produrre in tempi record l’analisi che punta al target di 1,5 °C. Un’impresa quasi impossibile
(Rinnovabili.it) – Una sfida complicata, al limite dell’impossibile attende l’IPCC, il panel di scienziati che informano le Nazioni Unite sui trend dei cambiamenti climatici. I loro rapporti sugli scenari globali escono ogni 5-7 anni e richiedono il lavoro di centinaia di esperti, molti dei quali nemmeno vengono pagati.
Anche se il gruppo si è già confrontato con la complessità di mettere d’accordo 195 nazioni sulle bozze dei propri report, questa volta l’impresa sarà più difficile del solito. Entro il 2018, all’IPCC è stato chiesto di raccogliere ogni informazione possibile che aiuti a raggiungere il target degli 1,5 °C caldeggiato dall’accordo sul clima approvato a Parigi.
Gli scienziati avranno dunque la metà del tempo per mettere insieme tutte le raccomandazioni necessarie a centrare un obiettivo praticamente impossibile. Eppure è l’unico in grado di garantire impatti minori sulle comunità più vulnerabili del mondo, evitando (forse) l’inondazione completa di interi Stati insulari. Non solo: anche la siccità, che quest’anno colpirà duramente il continente africano, diverrà sempre più uno degli effetti più catastrofici del climate change.
La maggior parte delle analisi disponibili si concentra sui 2 °C, soglia ritenuta meno complessa da rispettare. Tuttavia, questo significherebbe condannare cinicamente milioni di persone in nome degli interessi dell’industria.
I ricercatori hanno dunque 18-21 mesi di tempo per rivedere la letteratura scientifica in ottica 1,5 °C. In realtà, di inviti all’analisi ne sono arrivati 27, presentati da diversi Paesi e da organizzazioni del gruppo degli osservatori ONU. Ma il panel è in grado di accontentare solo 2-3 richieste.
Quando lo special report dell’IPCC arriverà nel 2018, con tutta probabilità dichiarerà necessaria un’azione estremamente radicale e improcrastinabile per fermare l’aumento delle temperature. Ma sembra un compito arduo da assolvere per le economie occidentali e i Paesi in via di sviluppo come Cina e India. Di certo, infatti, la valutazione degli esperti consiglierà una revisione completa dell’economia fossile globale. Gli impegni climatici nazionali presentati prima della COP 21 indirizzano la colonnina di mercurio verso i +3 °C entro fine secolo. Per salvare milioni di persone serve molto di più, e non è affatto detto che i grandi inquinatori siano disposti a farlo.